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Un precettore per Emma ( Scalfari bacchetta la Marcegaglia)

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Eugenio Scalfari un po’ di tempo fa è uscito dalla sua tradizionale e quasi imbalsamata compostezza per dire che gli piaceva Emma Marcegaglia.

Lo confesso: ho un debole per la Marcegaglia. è chiara, decisa, dice sì sì, no no. Una capigliatura ondosa. Una femminile virilità. La sua ricetta è meno tasse, meno spese, salari agganciati alla produttività. Il programma di Berlusconi e anche di Tremonti. “

In effetti da quando è diventata presidente di Confindustria  il buon Eugenio ha preso a circondare di interrogativi e attenzioni martellanti  la signora Emma.

Un qualcosa che sta a metà strada tra corteggiamento e moral suasion.

L’intento, escluse, per evidenti motivi anagrafici,  le motivazioni galanti,  è quello di portare la signora Emma ad aprire gli occhi sul Governo con il quale aveva iniziato a tubare.

Cosa poco in linea, secondo il buon Eugenio con le sue caratteristiche di donna competente, sensibile ed accorta.

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Ecco alcune delle “bacchettate”  dell’implacabile Eugenio ( ma sempre, insieme con le critiche, c’è una punta di miele per incoraggiare l’allieva che è intelligente , ma non sempre si impegan come dovrebbe)

La Marcegaglia punta sull’ aumento di produttività e lo lega soprattutto al costo del lavoro e ad una nuova contrattualistica aziendale. Sono certamente due elementi di rilievo ma non quelli essenziali. “(25 maggio)
La bravissima Marcegaglia [..]parlando a Trento al Festival dell’ economia ha detto che l’ operazione Alitalia si può fare soltanto se si troverà un imprenditore internazionale. Ha perfettamente ragione la Marcegaglia, ma chi? Air France ha chiuso o meglio è stata buttata fuori dai sindacati Alitalia e da Berlusconi in campagna elettorale. Lufthansa non ritiene che Alitalia sia appetibile ed eguale giudizio ne ha dato Aeroflot. Altre compagnie aeree in Europa non ci sono. In Usa, forse. Di seconda e terza fila. (1 giugno)

«In questo nuovo buon clima si può fare molto e molto bene» declama la Confindustria di Emma Marcegaglia. Qual è il buon clima, gentile Emma? Quello dei pattuglioni dei granatieri che arrestano gli scippatori e possono sparare sullo zingaro di turno? Quello dell’ editore promosso a direttore responsabile? Quello del magistrato isolato da ogni realtà sociale e privato di «libero giudizio»? Quello dei contratti di lavoro individuali? E’ questo il buon clima? (15 giugno)

Ed ecco la “martellata” di oggi.

Ora anche Marcegaglia è estremamente preoccupata ddel calo di produzione dello scorso maggio e di quanto ancora si prevede per giugno e per i mesi successivi. Ma non lo sapeva, non lo prevedeva, non era nei segnali delle sue antenne, gentile presidente di Confindustria? Il cliam era buono, fino ad un paio di settimane fa, diceva lei. Dunque una brutta sorpresa, un fulmine a ciel sereno? Stia più attenta, signora Marcegaglia, questa è roba seria e non ci si può impunemente distrarre. (13 luglio)

Stia più attenta signora Emma, Eugenio non demorde….

Chi disturba il manovratore?( tutti addosso a Marco Travaglio)

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Una premessa doverosa di tipo personale: anch’io, come molti, spero che il nuovo Governo faccia bene e riesca a trovare con l’opposizione un’intesa sui temi importanti.

Non ho votato per Berlusconi e credo che mi rifiuterò di farlo fino a quando disporrà di quello strapotere mediatico che rende sleale qualdiasi tipo di competizione elettorale cui partecipi.

Ma il Paese è troppo mal ridotto per poterci permettere di fare il tifo contro l’unico governo che abbiamo ( e che avremo a lungo..)

Un’ intesa con l’opposizione mirata a cambiare le regole di funzionamento della macchina dello stato per renderla più efficiente e snella è poi necessaria più di ogni altra cosa.

Sono quindi un sostenitore del dialogo e favorevole ad un’opposizione responsabile.

Chi sta al governo, in genere, non sbaglia mai il 100% delle cose che fa: ogni tanto anche il governo meno abile, statisticamente, qualcuna la imbrocca.

Un’opposizione responsabile non fa il muro contro muro a prescindere. Seleziona le battaglie da combattere.

Ma su un’unica cosa non è giusto arretrare di un solo centimetro: la corretta informazione.

Il giorno in cui, in nome della necessità di dialogo, si cominciano a nascondere i fatti, è il giorno di nascita di quella che Scalfari comincia a definire una “dolce dittatura”.

Una dittatura in cui coloro che raccontano questi fatti non vengono mandati nei gulag o nei manicomi, ma ricevono una condanna unanime come provocatori, costruttori di trappole, disturbatori del manovratore.

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Mi riferisco al caso Travaglio- Schifani.

Durante una trasmissione televisiva Travaglio non ha formulato, come qualcuno adesso cerca di far credere, un’accusa di collusione con la mafia a carico del Presidente del Senato.

Si è semplicemete limitato a ricordare un fatto inoppugnabile, del quale tra l’altro io insieme ad alcune di migliaia di lettori del libro “I complici ” di Lirio Abbate e Peter Gomez eravamo al corrente.

Il fatto nella sua nuda e semplice verità è questo: esisteva tanti anni una società di brokeraggio assicurativo chiamata Sicula Brokers i cui soci erano, insieme a Renato Schifani, Enrico La Loggia, Nino Mandalà ( poi condannato per mafia) e Benny D’Agostino ( poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa).

Molti pensano che sia praticamente impossibile vivere in Sicilia senza entrare, del tutto casualmente e incolpevolmente, in contatto con i mafiosi.

Possibile, se parliamo di quelli che ci siedono accanto al cinema o al ristorante.

Più difficile che il contatto sia casuale e incolpevole quando ci si siede accanto ad un mafioso nel consiglio di amministrazione di una società commerciale.

E’ giusto o no che gli italiani sappiano di questo trascorso del Presidente del Senato?

Secondo me si.

E’ “rivoltante e inutile”, come dice Marco Taradash, che qualcuno lo ricordi?

Oppure è semplicemente informazione?

La condanna di Travaglio è quasi unanime anche nell’opposizione ( Di Pietro escluso).

Comprensibile.

L’opposizione ormai è allo sbando: i commentatori e gli esperti di sondaggi li hanno a tal punto rintronati ammonendoli sull’effetto boomerang dell’antiberlusconismo, che il primo riflesso al quale si abbandonao in una situazione come questa è quello di attaccare a loro volta chi disturba il manovratore.

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Nel frattempo Tremonti il più lucido di tutti, pur non sapendo ancora che pesci pigliare, rilascia un’intervista di enorme impatto mediatico: pagheranno le banche e i petrolieri. Sembra quasi di sentire lo slogan dell’ultrasinistra nel 2006: Anche i ricchi piangano.

Neanche Rossi & Turigliatto avrebbero osato tanto.

Berlusconi a Matrix: vieni avanti Bassino!

Uolter parla per primo. E’ una ventata di speranza.

Forse si illude e ci illudiamo noi con lui, ma disegna l’Italia che vorremmo. L’Italia che ritorna a stupire il mondo con il suo ingegno e la sua reattività nei momenti difficili, l’Italia che si libera delle mafie, della burocrazia e del clientelismo. L’Italia nella quale i nostri figli tornano ad avere le opportunità che avemmo noi quando avevamo la loro età, senza ricorrere a scorciatoie, compromessi e raccomandazioni.

Poi viene Berlusconi.

Rancoroso, sfuggente, aggressivo, avvitato su se stesso e sulle sue ossessioni. Un disco rotto che ripete da anni argomentazioni che conosciamo a memoria. Il solito campionario di autoesaltazione, arroganza, volgarità e “chiagni e fotti“.

Il suo avversario ha parlato dell’Italia, Silvio da anni ormai si appassiona solo a parlare di se stesso, pronto a scandalizzarsi quando gli altri non sono disponibili a considerarlo il centro della galassia.

Mentana praticamente è lì solo per annunciare la pubblicità.

D’altronde, anche se l’altro non fa che chiamarlo direttore, si vede benissimo chi è che dirige l’intera trasmissione.

Non una domanda da giornalista, solo qualche assist per porgergli le battute.

Una vecchia gag.

I fratelli De Rege erano più imprevedibili.

Manca solo che uno dica all’altro: vieni avanti cretino.

Silvio passa al bazooka, Obalter risponde al fuoco.

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L’attacco alla parzialità del Quirinale, la questione delle schede, l’allarme sui i brogli elettorali, dov’è finito il fair play della campagna elettorale più sonnolenta del dopoguerra?

Silvio Berlusconi, come sempre, nel momento in cui intravede il rischio della sconfitta ( e per lui sarebbe tale anche soltanto il pareggio al Senato) si prepara a rovesciare il tavolo.

Un film già visto.

Come le sparate di Bossi, come la rivalutazione del mafioso Mangano ( già stalliere della villa di Arcore) come le battute sui magistrati che dovrebbero sostenere test periodici di sanità mentale.

Un passato tristissimo e squallido che ritorna.

Obalter(Immagine fornita da Flickr)

Dall’altra parte Veltroni seppellisce il calumet della pace e tira fuori ( finalmente!) l’ascia di guerra.

Ribatte colpo su colpo. Le battute di Bossi, di Berlusconi, di Dell’Utri sono le sue armi migliori.

Disseziona quelle frasi incivili da par suo, eleggendole a paradigma del Berlusconismo.

Oggi  tira fuori un altro argomento forte.

Stufo di sentir citare dall’avversario un rapporto dell’Università di Siena , lo va a spulciare a fondo e smaschera l’avversario.

“Attenzione– dice- il documento di Siena non dice che il Contratto con gli Italiani è stato rispettato all’80%, dice solo che l’80% dei disegni di legge che dovevano concretizzarlo è andato in Consiglio dei Ministri.

Se poi andiamo a guardare le realizzazioni effettive, la musica cambia: non è migliorata la sicurezza, i posti di lavoro nuovi sono stati molti di meno del previsto, la rivisitazione delle aliquote Irpef è sta diversa da quella annunciata, il ritocco alle pensioni ha riguardato solo una parte dei destinatari annunciati. Unica realizzazione raggiunta: l’abolizione della tassa di successione per i patrimoni di grandi dimensioni

Calearo boomerang, o no? Lo scopriremo vivendo

Molto ha fatto discutere in questi giorni la candidatura di Massimo Calearo, l’imprenditore di Vicenza messo in lista dal Pd di Veltroni.

Ieri sera, a Ballarò, il falco della Federmeccanica ha dimostrato di che pasta è fatto.

“Visco? Meno male che non viene candidato. ”

“Prodi? Meno male che San Clemente Mastella l’ha fatto cadere”

“La Legge Biagi? Una legge eccezionale!”

Queste alcune delle sue affermazioni. Sicuramente non è il tipo che possiede il senso delle sfumature.

Accanto a lui Gianni Letta, che è stato il fedele sottosegretario di Prodi, annaspava un po’. “Siamo un grande partito, c’è posto per tutti” , questo il suo modo di metterci una pezza.

Esultava invece Diliberto : eccola la prova provata della discontinuità del Pd: si sono messi in casa il nemico dei lavoratori, quello che vorrebbe perpetuare l’indigenza e il precariato, quello che si mostra insensibile alla sicurezza sul lavoro.

Sfefania Prestigiacomo prima battibecca con lui nel solito modo lamentoso e petulante, poi si lascia scappare un commento: “Se la pensa così, dovrebbe stare dalla nostra parte”.

Adesso il problema che mi arrovella è questo :

Calearo è un boomerang,  il primo grosso errore della campagna elettorale di Veltroni ?

Oppure è il segno vero e deciso della discontinuità ed è una straordinaria carta vincente?

Lo scopriremo vivendo.

Berlusconi a Porta a Porta: cronaca di un incubo notturno

Ho avuto un incubo stanotte.Ve lo racconto.

Erano le undici e mezza di sera e, invece di leggere un buon libro, cedevo all’abbacinazione dell’orrore e guardavo Porta a Porta.

C’era Silvio.

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Era quello di sempre: noioso, prolisso, apodittico.

Dava risposte fluviali : sermoni sugli stermini stalinisti ( come se avessero a che fare con i problemi dell’Italia di oggi) , aneddoti toccanti sugli incoraggiamenti materni ( “la mia mammina”), spacconate sull’età che sentiva di avere ( trentacinque anni!!!).

Cambiavo canale per l’esigenza di tornare respirare ( l’immersione in apnea non è mai stata il mio forte) ma su Matrix trovavo un torvo ed inquietante individuo di nome Storace ( un incubo nell’incubo!), così ritornavo a Silvio e scoprivo che, grazie al fervido zelo di Vespa, era riuscito ad insediarsi sulla leggendaria scrivania del Contratto con gli Italiani.

Stava concionando sulla spesa pubblica, mai scalfita nel suo quinquiennio, ma quando qualcuno gli chiedeva seccamente : “Perchè non abolite le province?” rispondeva citando, sempre a proposito di spesa pubblica, il suo sogno di sempre : costruire il Ponte sullo Stretto


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Vespa era dispiaciutissimo: nel retrobottega aveva il plastico di Cogne, la bicicletta di Alberto Stasi e l’ecoballa napoletana.

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Ma non il plastico del ponte oggetto di desiderio.

Passo una notte agitata.

Per fortuna era solo un incubo notturno.

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O no?

Negare asilo

Il Tribunale civile di Milano dà ragione alla madre di una bambina, marocchina, che si vedeva negato l’asilo dopo che, licenziata perché di nuovo incinta, non aveva ottenuto il permesso di soggiorno.

Bocciata perché «discriminatoria» la circolare del sindaco Moratti che impone queste regole già bocciate dal governo Prodi.

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Nel frattempo il giornale di famiglia del Cavaliere- e le tv che ne propagandano il pensiero- alimentano la xenofobia con titoli che non si sa se definire grossolani o addirittura deliranti.

Leggo sul “Giornale” di stamattina e sento citare ripetutamente dalla rassegna stampa di Canale 5 il seguente titolo:

Il giudice: aprire le materne ai clandestini.

L’euforia con la quale alcuni degli esponenti della destra più retriva salutano quella che ritengono l’inevitabile nuova ascesa al potere dei loro rappresentanti mi deprime perchè non posso fare a meno di leggerci l’ansia di imporre un ordine nuovo.

Che però puzza d’antico.

Dietro le dichiarazioni concilianti di facciata, sento ringhiare la ferocia di un vecchio oltranzismo.

Il guinzaglio e le promesse elettorali

Già di primo mattino, una mia cagnetta, subito dopo aver mangiato e fatto i suoi bisogni in un piccolo spazio esterno alla casa, comincia a dare segni di nervosismo perchè vuole uscire.

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Mugola, va avanti e indietro per l’appartamento, comincia a raspare sulla porta di casa.

Per stare tranquilli ricorriamo ad un metodo molto semplice: le mettiamo il guinzaglio.

Per lei equivale alla promessa di essere portata fuori.

Siccome è l’azione che precede l’uscita per lei equivale all’uscita ( lo sappiamo dai tempi di Pavlov)

Si mette a sonnecchiare da qualche parte in fiduciosa attesa, senza più alcun segno di eccitazione o nervosismo

L’uscita, poi, puntualmente si verifica.

Ma quando fa comodo a noi, non a lei.

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Qualche volta mi sembra che anche con noi certi politici adottino un sistema analogo.

Ci fanno mirabolanti promesse ( così come io metto il guinzaglio/ promessa d’uscita), poi si fanno tranquillamente gli affari propri.

E andrebbe anche bene se poi, una volta fattisi, gli affari loro, si ricordassero di onorare le loro promesse, così come io una volta che ho messo al cane il guinzaglio, poi, cascasse il mondo, lo porto fuori.

Il dramma è che, per restare alla metafora, quegli uomini politici, ci lasciano sempre dove siamo e avete capito dove.

Altro che portarci fuori!

L’onore ai tempi del porcellum ( fenomenologia del senatore sputante)

Durante l’ultima seduta del senato, uno dei tre senatori dell’Udeur si rifiuta di passare all’opposizione.

Qualcuno dice che lo abbia fatto per motivi ignobili, cioè per garantire un buon posto di lavoro ad un suo protetto.

Il senatore comunque motiva il suo gesto in maniera molto nobile, richiamandosi all’impegno preso al momento della creazione del governo e al difficile momento del paese.

A quel punto interviene un collega di partito, il senatore Barbato che lo insulta e cerca di sputargli in faccia.

Intervistato dopo la sceneggiata

  • cerca disperatamente di negare lo sputo (come se le telecamere non fossero in grado di mostrarcelo con tutta evidenza)
  • dà inconfutabile prova della pochezza del suo italiano ( continua a dire “io non l’ho sputato”)
  • nega di aver insultato il collega ( “gli ho solo detto che era un traditore”).

Non sospettavamo di essere rappresentati da quel senatore.

E’ un politico di lungo corso, ma questa è la prima volta che i media nazionali si occupano di lui.

Buono a nulla e capace di tutto ( prerequisito del fare politica nei tempi amari del porcellum) sale agli onori della cronaca ( come si suol dire con orribile luogo comune) per uno sputo.

Quello sputo è l’apice della sua carriera, esprime nel modo più completo il suo modo di fare politica.

Che è questo: ho ricevuto un mandato dagli elettori e assunto un impegno con loroma c’è una cosa che conta molto di più di tutte, se sono qui lo devo a Mastella.

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E, naturalmente, al Porcellum.

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Lentamente muore ( Pablo Neruda)

Lentamente muore

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Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni

giorno gli stessi percorsi,

chi non cambia la marcia,

chi non rischia e cambia colore dei vestiti,

chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,

chi preferisce il nero su bianco

e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,

proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che

fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore

davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,

chi e’ infelice sul lavoro,

chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,

chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai

consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,

chi non legge,

chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia

aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o

della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,

chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non

risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere

vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto

di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una

splendida felicita’.

Pablo Neruda

( poesia letta al Senato da Clemente Mastella)