Intrigo Internazionale
Caccia al ladro
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Caccia al ladro
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Volete riempire il vostro cuore e i vostri occhi di bellezza?
Prendetevi mezza giornata per fare un salto a Venezia, andate nella più bella piazza del mondo, che è Piazza S. Marco. evitate di dar da mangiare ai colombi perchè è vietato, visitate per l’ennesima volta la cattedrale perchè è stupenda, ma non perdete l’occasione di infilarvi nel Museo Correr e di godervi la mostra antologica di Carmelo Zotti, un grandissimo artista, al quale era giusto rendere omaggio ad un anno dalla sua scomparsa.
Si tratta di una ‘mostra doppia’: c’è una retrospettiva al Museo Correr e una seconda mostra dedicata ai suoi allievi (Zotti insegnò dal 1967 al 1990 all’Accademia di Venezia) negli spazi dei Magazzini del Sale alle Zattere.
Pubblico qui molte delle foto che ho scattato ieri alla mostra perchè ho trovato emozionante ripercorrere, grazie ai curatori della Mostra, la vita artistica di un pittore di grandissimi mezzi e di fervida fantasia, abituato a rinnovarsi fino all’ultimo giorno della sua vita, avventurosa sia dal punto di vista fisico che intellettuale ed artistico.
Bellissimi i quadri espressionistici degli anni ‘5o, in genere dedicati alla rappresentazione dei famigliari.
Di grandissimo impatto i suoi quadri astratti degli anni successivi , che anticipano di molti anni, e secondo me con risultati molto superiori, la poetica di Jean Michel Basquiat, che nasceva a Brooklyn proprio in quegli anni.
Ma quello che rende grandissimo questo artista è il suo approdo, in età ormai matura, ad una pittura che mette in contatto, con felice e personalissima sintesi, il surrealismo onirico di Dalì con la visione metafisica di De Chirico.
Ovviamente c’è molto di più che l’influsso di Dalì e di De Chirico in queste tele straordinarie.
Inanzitutto bisogna dire che sono quasi tutte tele di grandi dimensioni. Non è solo una scelta estetica, sembra quasi una necessità per una pittura come la sua, irruenta, emotiva, sensuale, non disponibile a farsi imbrigliare.
E’ una pittura “teatrale “ quella di Zotti, nel senso più alto e puro del termine.
Irrompono nella “scena” figure sorprendenti segnate con un tratto nervoso e volutamente impreciso ( quasi il risultato di una trance incoercibile) : piramidi, elefanti, sfingi, curiose figure mitologiche.
L’effetto a volte è lirico e rasserenante , a volte è mostruoso e ci inquieta, esattamente come accade nei sogni.
Il dominio sul colore è da grandissimo maestro. La scelta è quasi sempre di stampo teatrale: fondali rossi, verdi, arancione sempre brillantissimi danno profondità di campo e sorprendente risalto alle figure centrali del dipinto, enfatizzandone l’impatto.
Difficile non pensare , visitando questa mostra, di essere di fronte ad un grandissimo.
Carmelo Zotti è un pittore di cui sentiremo ancora parlare: ha avuto sicuramente molti riconoscimenti nella sua vita, ma la natura non convenzionale della sua pittura probabilmente ha fatto di lui un artista non facile da assimilare in tempi brevi dalle grandi masse.
Se i curatori della sua opera continueranno a lavorare come hanno fatto, splendidamente, con questa mostra del Museo Correr, è facile prevedere che la considerazione del grosso pubblico per questo artista potente e originale sia destinata a raggiungere i livelli solitamente riservati a pittori meno bravi di lui , ma più abili nel publicizzarsi.
Mai allestita una mostra personale di pittura in vita mia. Prima di ieri sera. Adesso so cosa si prova. Mettere in mostra (e provare a vendere ) un quadro è un po’ come quando ti esce di casa un figlio. E’ stato in famiglia per anni, ma è arrivato il momento, per lui, di andare in giro solo con le sue gambe. Ti chiedi se gli altri lo apprezzeranno o lo ameranno come lo hai amato e lo ami tu. Certo, tu hai messo al mondo, sia il figlio che il quadro, con le migliori intenzioni. Avevi un progetto preciso per lui ( sia per il figlio sia per il quadro). E sai anche che avere un progetto preciso a volte non dà la certezza di realizzarlo…. Ma mentre quando ti esce di casa un figlio, sai già che il non vederlo più come prima ti darà inevitabilmente un dispiacere, quando qualcuno apprezza un tuo quadro fino al punto di decidere di appenderlo in casa sua, questo fatto ti appare positivo senza riserve: sai che con quella tela e quei colori tentavi di trasmettere, con i mezzi a tua disposizione, una tua piccola visione, un messaggio: verificare che è stato raccolto ti conforta e ti rallegra. Questo per dirvi che già al primo giorno di esposizione un terzo dei quadri ha trovato una nuova casa. In qualche caso si tratta di amici miei, presumibilmente mossi da indulgenza nei miei confronti. Ma ( sorpresa!) qualche quadro è stato acquistato anche da perfetti sconosciuti. Mi sa che continuerò a dipingere ( è chiaro che è una minaccia…) |
Da martedì 8 gennaio 2008
Diciotto tele interamente realizzate nel 2007, colori acrilici, terre colorate
e colori a smalto per tingere la memoria, per rievocarla nella sua
autenticità o nella rielaborazione vivace dell’istante che è stato.
“Vecchie foto di famiglia, scorci della mia bellissima città, immagini tratte dai film che ho amato: non appena uno di questi soggetti mi appare come un soggetto possibile, mi metto all’opera.
L’intento è sempre quello di consentire alla memoria di fare nelle migliori condizioni possibili il suo mestiere di memoria: adularci con immagini più luminose e vivaci di quelle reali”.(F.C.)
Sistemo le foto fatte nel corso dei miei viaggi e mi capitano tra le mani quelle fatte a Valaparaiso qualche anno fa.
Città “accesa, spumeggiante, dissoluta” dal “luccichio magnetico”, diceva Neruda.
A me, molto più banalmente, Valparaiso è sembrata soprattutto la città delle scale.
Dritte, storte, larghe, strette, brevi e lunghissime, coprono la città come un manto di rughe sul corpo di una vecchia signora.
Assomiglia a certe nostre città del sud: vecchi palazzi del primo Novecento assediati da abitazioni più recenti e ordinarie, una quantità incredibile di negozietti di alimentari, di frutta e verdure, di ferramenta, di vestiti, che fronteggiano ostinatamente la concorrenza dei rutilanti supermercati della periferia.
Traffico spedito e caotico, giardinetti con le palme, in qualche angolo ricorda Trapani.
Indimenticabile, invece, e folgorante, la casa di Neruda, “la Sebastiana”.
Cinque piani, due stanze per piano.
In ogni stanza grandi finestre che guardano l’oceano: sembrano quadri dai colori teneri e violenti
.
Dappertutto , un po’ come nelle poesie di don Pablo,nelle quali affiorano continuamente immagini insolite e colorite, oggetti sorprendenti e bizzarri: vecchie polene, binocoli, antichi forzieri di legno, bussole, grandi conchiglie.
Ovunque si sente l’impronta di un poeta non abituato ad appaltare all’Ikea la definizione del proprio habitat.
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