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Una grande poesia diventata una grande canzone

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Due parole su questa bellissima poesia, musicata e cantatata  da Juan Manuel Serrat , cantautore spagnolo di grande sensibilità.

L’autore della poesia ,”  Nanas de cebolla” ( ninna nanna della cipolla)  si chiama Miguel Hernandez.

miguel_hernandez

Nato nel 1910 a Orihuela in una famiglia di poverissimi pastori, Miguel Hernandez manifesta sin dai primi anni di scuola una  grande passione per la poesia.

Interrotti gli studi per volere del padre che lo vuole pastore, continua a studiare per conto suo, appassionadosi alla lettura dei grandi autori della letteratura spagnola.

Si unisce ad altri giovani e fonda una specie di circolo letterario che si riunisce nei locali di un panificio.

Emigrato a Madrid,  trova lavoro come segretario e redattore di un’enciclopedia.

Comincia a scrivere le sue prime poesie e conosce Pablo Neruda e Federico Garcia Lorca.

Allo scoppio della guerra civile spagnola ,  si arruola con i repubblicani.

josefinaIn piena guerra, riesce a tornare per pochi giorni a Orihuela  per sposare Josefina Manresa

Nel 1938 nasce il suo primo figlio, Manuel Ramón,  che muore da lì a pochi mesi mentre nel  1939 nasce il secondo, Manuel Miguel.

Condannto a morte dal regime franchista, in seguito alla commutazione della pena , viene rinchiuso nel carcere di Palencia, poi in quello di Alicante, in cui muore, a soli 31 anni, di tubercolosi.

poeta_Miguel_HernandezLa poesia “Nanas de cebolla” è dedicata al figlio Manuel Miguel.

Josefina gli aveva scritto in carcere che non avevano altro da mangiare che pane e cipolla ( cebolla) .

Lui risponde con questa toccante poesia, della quale ho cercato di tradurrre con il mio arruginito spagnolo i versi principali.

L’immagine è quella di un bambino che si avventa con forza verso la doppia  luna del seno della madre ( doble luna del pecho).

E quel seno è triste di cipolla ( triste de cebolla) , ma il piccolo è soddisfatto e i 5  dentini che gli sono spuntati sembrano cinque gelsomini, cinque piccole punte  feroci.

josefina2Tristissima la chiusa, è un messaggio a Josefina:  Resisti, non so cosa succede o cosa accade.

Nanas de cebolla

La cebolla es escarcha / La cipolla è gelata
cerrada y pobre./ chiusa e povera
Escarcha de tus díasbrina dei  tuoi giorni
y de mis noches./ e delle mie notti.
Hambre y cebolla/ Fame e cipolla,
hielo negro y escarcha / ghiaccio nero e brina
grande y redonda./ grande  e rotonda.


En la cuna del hambre / Nella culla della fame
mi niño estaba/ mio figlio stava.
Con sangre de cebolla/ Con Sangue di cipolla
se amamantaba / lo si allattava.

Pero tu sangre/ Ma il tuo sangue (era)
escarchada de azúcar / ghiacciato zucchero
cebolla y hambre/ cipolla e  fame.

Tu risa me hace libre,/La tua risata mi rende libero,
me pone alas. /mi mette le ali .
Soledades me quita/ attenua le solitudini,
cárcel me arranca./mi fa scordare il carcere.

Boca que vuela/ Bocca che vola,
corazón que en tus labioscuore nelle labbra
relampaguea. / acceso.

Es tu risa la espada / Il tuo sorriso è la mia spada
más victoriosa/ la più vittoriosa
vencedor de las florescon la quale conquistare fiori
y las alondras/ e allodole.
Rival del sol./ Rivale del sole.
Porvenir de mis huesos / futuro delle mie ossa
y de mi amor/ e del  mio amore.

[…]

Al octavo mes ríes / ridi all’ ottavo mese
con cinco azahares/ con cinque fiori di arancio.
Con cinco diminutas / Con cinque minute
ferocidades/ ferocie
Con cinco dientes / con cinque denti
como cinco jazmines / come cinque gelsomini
adolescentes/ adolescenti.

Frontera de los besosfrontiera di  baci
serán mañana/ sarànno  domani,
cuando en la dentaduraquando nella dentatura
sientas un arma/ ti ritroverai un’arma .

Vuela niño en la doble /vola, bambino verso la doppia
luna del pecho/ luna del seno
él, triste de cebolla/ lui triste di cipolla,
tú satisfecho/ tu soddisfatto

No te derrumbes/ resisti.
No sepas lo que pasa/ Non so cosa succede
ni lo que ocurre/ o ciò che accade.

80593582CA030_Homage_to_RafLa canzone che sentite fa parte di un disco di 10 canzoni, tutte tratte da poesie di Hernandez, uscito nel 1972, quando Francisco Franco era ancora al potere.

Inviso al potere, Juan manuel Serrat fu anche costretto a lasciare la Spagna per un anno nel 1975.

Non ha mai conosciuto Hernandez, essendo nato nel 1943, un anno dopo la sua morte.

“Un cavallo da corsa in un mondo senza piste” : storia di Sylvia Plath.

sylvia bambinaQuesta è la storia di due poeti, Sylvia Plath e Ted Hughes.

Le loro vite si intrecciarono circa cinquant’anni fa.

Si sposarono ed ebbero due figli.

La loro storia è talmente complessa  da rendere necesssario svilupparla in più di un post per avere il modo di dare voce a tutti i protagonisti: lui. lei, l’altra (morta suicida a sua volta).

Cominciamo da Sylvia.

SYLVIA

Sylvia Plath nasce il 27 ottobre del 1932 a Jamaica Plain, un sobborgo di Boston.

sylvia in costumeSuo padre Otto Emil Plath, è uno stimato entomologo e un eccellente linguista . Incontra la madre di Sylvia,   Aurelia Schober , di ventun anni più giovane,  appartenente ad una  famiglia austriaca emigrata nel Massachusetts, di ventun anni più giovane, durante in corso di tedesco alla Boston University e le sposa  nel gennaio del 1932.

Dopo due anni e mezzo nell’aprile del 1935 nasce il fratello di Sylvia, Warren Joseph.

Poco tempo dopo la nascita del secondo figlio, Otto Plath si ammala di diabete mellito, ma rifiuta di sottoporsi a cure mediche, fino a quando nel 1940, è costretto a farsi amputare una gamba. Poco dopo muore per embolia polmonare.

Sylvia dirà che la morte del padre segna la fine della sua infanzia e di ogni felicità.

Sylvia, sotto gli occhi della madre , alla quale è legatissima, dimostra subito, sin dai primi anni della sua adolescenza il suo talento di poetessa.
A 12 anni incomincia a pubblicare le sue poesie in una rivista scolastica rivista scolastica.

sylvia4A diciotto anni , dopo 49 rifiuti, pubblica  un racconto: “E l’estate non tornerà di nuovo” (And summer shall not come again).

Tre anni dopo vince una borsa di studio ed un soggiorno di un mese a New York come redattore inviato (guest editor) della rivista femminile “Mademoiselle

Tornata a Boston dalla madre, partecipa agli esami di ammissione ad un corso di scrittura, ma non viene scelta. Per la delusione entra in uno stato depressivo che preoccupa molto la madre, che la porta da uno psichiatra che le prescrive un ciclo di elettroshock, che le vengono praticati senza anestesia.

“Poi qualcosa calò dall’alto, mi afferrò e mi scosse con violenza disumana. Uiii-ii-ii-ii, strideva quella cosa in un’aria crepitante di lampi azzurri, e a ogni lampo una scossa tremenda mi squassava, finché fui certa che le mie ossa si sarebbero spezzate e la linfa sarebbe schizzata fuori come da una pianta spaccata in due. Che cosa terribile avevo mai fatto, mi chiesi”.

La terapia non funziona .

Sylvia, un giorno, rimasta sola a casa, scende in cantina con un flacone di 5o pillole  e dell’acqua. Rimane lì per tre giorni, finchè non la ritrovano i familiari, che l’hanno cercata dappertutto, senza sospettare che si trovasse a pochi metri di distanza. Ha vomitato tutto, non morirà, ma rimarrà legata a questa esperienza di iniziazione alla morte.

Tornata a studiare e laureatasi, si trasferisce in Inghilterra, a Cambridge, dove ha vinto una borsa di studio.

tedhughesQui conosce il poeta Ted Hughes e lo sposa. E’ per lei l’inizio di un periodo di felicità e di sogno.

Il sogno di un sodalizio amoroso e letterario. Le sembra possibile coltivare insieme il suo amore per la poesia e quello per Ted. Anzi le sembra che un amore possa alimentare l’altro.

Nel 1957 le viene offerto , a soli 25 anni, un incarico di insegnamento negli Stati Uniti, così rientra a Boston con Ted.

Dimostra subito un enorme talento didattico, ma l’impegno per la preparazione delle lezioni le sottrae l’energia necessaria a comporre le sue poesie. Con il totale appoggio del marito e nell’incredulità di amici e conoscenti, rinuncia all’incarico per l’anno successivo e rimette la poesia in testa all’elenco delle sue priorità.

Nel 1960 con Poem for a Birhday , sette poesie  scritte all’avvicinarsi dei suoi 27 anni, ritorna sui   tre giorni trascorsi nella cantina e sull’esperienza della malattia.

sylvia e ted divanoPensa di avere vissuto  una specie di  “morte rituale”. Che adesso però le appare lontana, sia perchè aspetta il suo primo figlio ( e quindi “ospita” una vita) sia perchè ha ripreso a scrivere . Gode intensamente quindi un periodo di rinascita sia dal punto di vista biologico che artistico.

Voleva morire, ma è stata salvata ed è risorta.

“Presto, presto la carne/che il severo sepolcro ha divorato/tornerà al suo posto su di me,/e sarò una donna sorridente./Ho 30 trent’anni soltanto./E come i gatti ho nove volte per morire.

Ted e Sylvia tornano in Inghilterra dove nasce la prima figlia: Frieda Rebecca.

Ma i demoni tornano a visitare Sylvia.

Ho un buon io che ama i cieli, le colline, le idee, i piatti saporiti, i colori brillanti. Il mio demone vorrebbe ucciderlo”.

Il marito commenterà anni dopo la sua fragilità:

“Sembrava un’invalida, tanto era priva di protezioni interiori”.

Nel 1962, dopo un aborto avvenuto l’anno prima, mette alla luce il suo secondogenito, Nicholas Farrar ( anche lui morto per suicidio pochi mesi fa).
Ted e Sylvia vivono in una casa di campagna nel Devon. La tensione tra i due arriva a livelli altissimi  e giunge al suo culmine quando appare Assia Gutman.

Più vecchia di Sylvia e di Ted (è del 1927) Assia, berlinese  ha sposato il poeta canadese David Wevill  e con lui si è appena trasferita  a Londra dove Assia lavora per un’industria pubblicitaria.

Il caso vuole   che Assia e David affittino  l’appartamento degli Hughes, in procinto di trasferirsi in campagna .

I due vengono invitati dagli Hughes per un fine  un fine settimana nel Devon.

assiaTra Ted ed Assia  ( foto a destra) scoppia il colpo di fulmine.

Sylvia scopre subito la relazione.

Ecco un brano della poesia  ‘Parole sentite, per caso, al telefono’, che descrive il momento dell’amara scoperta ( Assia telefona per parlare con Ted, ma alla risposta di Sylvia, simula una voce maschile così goffamente da farsi scoprire)

… che cosa sono queste parole, queste parole?
Cadono con un plop fangoso.
Oh dio, come farò a pulire il tavolino del telefono?….
….Ora la stanza sibila. Lo strumento
ritira il suo tentacolo.
Ma la poltiglia che ha deposto cola nel mio cuore. È fertile.
Imbuto di sozzura, imbuto di sozzura – ….”

silvia figliCacciato di casa il marito ( che va prontamente  vivere con Assia), Sylvia rimane in campagna con i due bambini e le sue arnie ( è, nel frattempo, sulle orme del padre, diventata una buona apicultrice).

Il grigio inverno inglese aggiunge depressione al dolore per il tradimento del marito.

Nel diario scrive:

Come sogno la primavera! Mi manca la neve americana, che se non altro fa dell’inverno una stagione pulita, eccitante, invece di questi sei mesi di seppellimento tra il tempo umido, la pioggia e il buio: come i sei mesi che Persefone doveva passare con Plutone”

Sylvia con NicolasRiprende a scrivere, con ansia febbrile, quasi sempre scegliendo le ore dell’alba in “quell’ora azzurra, silenziosa, quasi eterna che precede il canto del gallo, il grido del bambino, la musica tintinnante del lattaio che posa le bottiglie”.
Il dolore è quasi  insopportabile, come quasi insopportabile è la bellezza delle poesie che scrive in questo periodo.

Uno stato di grazia che ancora una volta per lei rappresenta una specie di ritorno alla via.

Scrive ad un’amica:

Roba incredibile, era come se la vita da casalinga mi avesse soffocataSentivo come un tappo in gola. Ora che la mia vita domestica è nel caos, faccio vita spartana, scrivo con addosso la febbre alta e tiro fuori cose che avevo chiuse dentro da anni, mi sento sbalordita e molto fortunata”.

Rivedendola a distanza di tempo dalla separazione, Ted è colpito dalla sua disperata lucidità. Leggendo le sue ultime poesie trova conferma di questa impressione. Scrive: ” Sylvia è il poeta sciamano .In poesia penetra fino a profondità riservate in passato ai sacerdoti dell’estasi, agli sciamani, ai santoni”.

Le ultime poesie hanno toni funesti. La morte compare continuamente come un appuntamento difficilmente eludibile, come un richiamo al quale è impossibile sottrarsi.

sylvia-plath-photographEcco come chiude la poesia Specchio:

Su me si china una donna
cercando in me di scoprire quella che lei è realmente.
Poi a quelle bugiarde si volta: alle candele o alla luna.
Io vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
Me ne ripaga con lacrime e un agitare di mani.
Sono importante per lei. Anche lei viene e va.
Ogni mattina il suo viso si alterna all’oscurità.
In me lei ha annegato una ragazza, da me gli sorge incontro
giorno dopo giorno una vecchia, pesce mostruoso.

Nel 1963 decide di tornare a Londra, non ce la fa più a tollerare l’isolamento in campagna.

E’ l’ultima stagione creativa: Pubblica, con lo pseudonimo di Victoria Luca “The Bell Jar” (La campana di vetro).

la campana di vetro

E’ la storia, scopertamente autobiografica, di Esther, diciannovenne di provincia, che si avventura in una grande città dopo aver vinto un soggiorno offerto da una rivista di moda. Intorno a lei , come una campana di vetro, una specie di involucro soffocante  che le toglie l’aria e soffoca ogni sua capacità di reazione l’America spietata degli anni 50 ,  ipocrita, maccartista e ottusamente benpensante ,  che la fa sentire “come un cavallo da corsa in un mondo senza piste”.

L’uscita del romanzo sembra l’avvio di  una nuova rinascita:

Vivere separata da Ted è meraviglioso, non sono più nella sua ombra ed è fantastico essere apprezzata per me stessa e sapere quello che voglio. Magari chiederò anche in prestito un tavolo per il mio appartamento all’amica di Ted… I miei bambini e scrivere sono la mia vita, e che loro si godano pure le loro storie d’amore e i loro party, pfui!”

Prende molti antidepressivi e continua a perdere peso, con grande preoccupazione del  suo medico, dottor Horder.

sylvia maturaScrive alla madre  : “Adesso vedo com’è tutto definitivo, ed essere catapultata dalla felicità mucchesca della maternità nella solitudine e nei problemi non è certo allegro”.

Fa progetti di vita e di lavoro : “Adesso i bambini hanno più che mai bisogno di me e per i prossimi due o tre anni andrò avanti a scrivere la mattina, a passare con loro il pomeriggio e vedere amici o studiare e leggere di sera”.

Un mattino si alza all’alba, come al solito, porta la colazione (pane e latte) nella stanza dei figli, spalanca la finestra della loro camera e sigilla le fessure della porta con nastro adesivo ed un asciugamano.

Poi va  in cucina, sigilla meticolosamente  tutte le fessure, poi infila la testa nel  forno e accende il gas.

Un solo un breve messaggio “Per favore, chiamate il signor Horder”.

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P. S. Nel prossimo post cercherò di parlare di Ted Hughes

Quelli che a scuola erano sfigati e invece adesso…

bukowski_012Le bugie hanno le gambe corte di Charles Bukowski

Peter era un mostro, Peter era grasso, Peter era scemo, Peter era goffo,

Peter balbettava e Peter inciampava

e le ragazze ridevano di Peter

e i ragazzi lo punzecchiavano,

e Peter era costretto a restare a scuola dopo le lezioni

e a Peter cadevano gli occhiali

e aveva le scarpe slacciate

e la camicia di fuori

e vestiva come non s’era mai visto

e Peter sedeva sempre nell’ultimo banco

con il moccio che gli colava dal naso.charles_bukowski

questo succedeva allora.

cioè alle elementari e alle medie,

e il tempo passava e passava

e Peter cambia ogni anno la sua fuoriserie

e ha sempre una ragazza nuova e graziosa

e non porta più gli occhiali ed è dimagrito,

sembra quasi bello comunque certo sicuro di sé,

ha una casa in Messico e una a Hollywood.

Peter commercia in arte e in borsa,

parla tre lingue, ha lo yacht e un jet

e inoltre qualche volta produce dei film.

hank-y-rita-lee

chi lo conosceva allora

non lo conosce adesso.

è successo qualcosa, che diavolo è stato?

e la maggior parte dei fighi di allora

che ancora si vedono in giro

sono deformi, sconfitti, ingloriosi, idioti,

senzacasa, senili o moribondi.

bukowski-paris

di rado va come ci aspettiamo che vada.

per la precisione,

mai.

Questo viaggio chiamavamo amore.

campana-aleramo

IN UN MOMENTO

di Dino Campana ( 18851932)

In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
P.S. E così dimenticammo le rose.
(per Sibilla Aleramo)

Un’invasata a Ballarò: M.V. Brambilla, la nuova Vanna Marchi.

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Ci sono persone che ti aggrediscono continuamente facendoti domande a raffica.

Quando tenti di rispondere, ti interrompono e ti insultano, dimostrando che non sono interessate a sentire le tue risposte.

Difficile stabilire quale sia il loro tratto dominante: la stupidità o il desiderio infantile di stare al centro dell’attenzione.

Nel caso Vittoria Brambilla è difficile sottrarsi al fascino della prima ipotesi.

Scegliere tra lei e Vanna Marchi è un’impresa.

Ma forse è meglio Vanna Marchi.

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Almeno lei è l’originale.

Lentamente muore ( Pablo Neruda)

Lentamente muore

Flickr image

Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni

giorno gli stessi percorsi,

chi non cambia la marcia,

chi non rischia e cambia colore dei vestiti,

chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,

chi preferisce il nero su bianco

e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,

proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che

fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore

davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,

chi e’ infelice sul lavoro,

chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,

chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai

consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,

chi non legge,

chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia

aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o

della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,

chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non

risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere

vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto

di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una

splendida felicita’.

Pablo Neruda

( poesia letta al Senato da Clemente Mastella)

Corna, sputi, insulti… dimenticavo, anche un po’ di Neruda

Mastella e i suoi “uccidono” il governo, nato anche grazie ai loro voti, lasciando dappertutto le loro impronte: corna, sputi, insulti.

Perfino un furto: l’inizio del discorso d’addio di Mastella fa credere ( ma solo a coloro che non conoscono Neruda) che, per l’occasione il Ceppalonico abbia trovato la forza per mettere da parte la sua sintassi, di solito grossolana almeno quanto la sua visione della politica.

Ma, per sua e nostra sfortuna, Neruda è morto da un pezzo ( troppo lontano da noi perfino per rivoltarsi nella tomba!) e non ha quindi potuto scrivere la seconda parte del suo discorso.

Abbandonata la citazione di Neruda, il ministro torna , infatti , al linguaggio di sempre, ricco di strafalcioni come il suo modo di fare politica.

Nella prima parte del suo discorso ci ha fatto credere che, come dice Neruda “lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,chi non cambia la marcia,chi non rischia e cambia colore dei vestiti,”l

Nella seconda parte, quella in cui, abbandonato Neruda, torna ad essere il Ceppalonico di sempre, capiamo meglio come stanno le cose:”Velocemente muore chi, avvicinandosi la sconfitta, non è così lesto da scendere in fretta dal carro degli sconfitti per saltare su quello dei vincitori!!”

Che tristezza, adesso arrivano, quelli che giustificano e minimizzano, quelli che dicono che “Tanto così fanno tutti”, quelli per i quali è normale fare politica con le corna e gli sputi, quelli che in parlamento si portano il cappio o, come ieri sera, la bottiglia di spumante per brindare alla caduta di un avversario.

Forse rivoteremo pure con la stessa legge, senza avere la possibilità di lasciare a casa incapaci, disonesti e mestieranti della politica.

Sicuramente ci meritiamo di meglio.

W il treno! ( piccola elegia sui lunghi viaggi di una volta)

Cosa c’è di più rilassante di un viaggio in treno?

Sciascia lo prendeva addirittura per andare da Palermo a Parigi ( ovviamente aveva sempre degli ottimi libri come …compagni di scompartimento).

Quando ero bambino mi capitava di andare in treno da Padova, dove abitavo con i miei, a Palermo, dove eravamo nati.

Il viaggio aveva una dimensione mitica.

Ogni tappa poi aveva una sua particolarità esclusiva, che mio padre non mancava mai di enfatizzare: a Bologna si affacciava al finestrino e comprava le lasagne, a Firenze offriva un ventaglio di paglia a mia madre, a Napoli si sporgeva dal finestrino e comprava la pizza per tutti , sul traghetto da villa S.Giovanni a Messina era la volta degli arancini, a Termini Imerese sorbivamo le granite di limone ( di vero limon come poi avrebbe detto Paolo Conte).

Tutti appuntamenti cui la globalizzazione ha tolto ogni magia.

Cappelli di paglia, lasagne , pizze, granite e arancini si trovano dappertutto.

Flickr image( foto di Giampaolo Squarcina)

Purtroppo.

A ciò si aggiunge il fatto che ventiquattr’ore di treno sono un lusso che non possiamo più permetterci: troppo tempo sottratto alla produzione dei risultati, l’ossessione che ci accompagna dal momento in cui entriamo nella cosidetta età adulta.

Quindi so che mi capiterà ancora di andare in Sicilia, ma che non accadrà mai più di farlo come lo facevo una volta.

Povero Kafka! ( lettera ad una studentessa)

Lettera ad una studentessa che sta preparando una tesi su Kafka:

Flickr image

“Cara G.

             non puoi dire che Kafka è soltanto

“uno degli scrittori più

rappresentativi di inizio novecento”!!!.

Mi sembra un giudizio tiepido e ingeneroso.

Kafka non solo è il dominatore della letteratura del 900 , ma anche l’interprete più autentico delle inquietitudini di quel secolo( tra l’altro ancora in parte presenti in questo!).

Proust che pure, a mio avviso, lo sopravanza di poco e che ha scritto le sue opere più importanti esattamente nello stesso periodo ( La strada di Swann è del 1914) non è così moderno e attuale come lui riesce ad essere ancora adesso a 90 anni da quando ha scritto.

Più calore, cara G. , per il povero Kafka!

Era un impiastro totale come uomo e come fidanzato, lo so e questo forse ti condiziona nel giudizio ( lo vorresti più uomo).

Ma la sua grandezza sta proprio in questo. Se la sua capacità di scrittura ed il suo enorme talento visionario, avessero avuto alle spalle una visione serena dell’esistenza, sarebbe stato un piacevole giocoliere della parola, non un titano della letteratura.

Pensa piuttosto alla sfiga di quelli che sono scontenti e tormentati e non sono nemmeno in grado di raccontarlo decentemente !

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Se la ricetta per diventare un grande scrittore fosse solo quella di avere un padre invadente, uno schiacciante senso di colpa, una fidanzata ansiosa di convolare a “ingiuste nozze”, una madre impicciona e una salute cagionevole, troppi ce ne sarebbero di grandi scrittori!

Da parte mia, non avendo il talento dello scrivere, almeno posso consolarmi della mia visione non catastrofica della vita, di aver risolto per tempo “il conflitto con il Padre” e di avere una discreta salute.

A presto.

F.

Le lettere d’amore sono ridicole

Si chiama Ofelia Queiroz, ha diciannove anni, è fresca, carina, spigliata e, contro la volontà dei suoi genitori, ha deciso di trovare un impiego.

Conosce il francese, sa scrivere a macchina e sa anche qualche parola di inglese.

Viene assunta in una piccola azienda commerciale.Flickr image

Il primo giorno conosce un collega.

E’ un uomo vestito tutto di nero, con gli occhiali, un cappello con la falda alzata ed una cravatta a farfalla.

E’ Fernando Pessoa, il più grande poeta portoghese del ‘900, ed ha già perso la testa per lei.

Iniziano così le schermaglie amorose fra i due due. E’ quello che in portoghese si chiama il namoro, il periodo in cui si manifesta quell’attrazione reciproca che poi darà luogo al fidanzamento vero e proprio

Il poeta è di diversi anni più vecchio, ma non si sottrae al gioco degli sguardi, dei baci in punta di labbra tra una scrivania e all’altra, dei bigliettini.

I due si scambiano anche una infinità di lettere d’amore.

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Nel dicembre del 1920 Ofélia decide di mettere un punto, stanca di essere presa in giro dall’insicurezza surreale del poeta.

“Una donna che crede alle parole di un uomo, non è che una povera idiota; se un giorno vedeste qualcuno che finga di portare alle labbra una bevanda avvelenata a causa sua, rovesciategliela velocemente in bocca perchè libererà il mondo da un impostore in più.”

Conclude così la sua ultima lettera.

D’altronde quale donna non diffiderebbe degli slanci amorosi di chi ha scritto una poesia come quella che riporto qui sotto?

Flickr image

Tutte le lettere d’amore sono
ridicole.
Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
ridicole.
Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
come le altre
ridicole.
Le lettere d’amore, se c’è l’amore
devono essere
ridicole.
Ma, dopotutto
solo coloro che non hanno mai scritto
lettere d’amore
sono ridicoli.
Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
senza accorgermene
lettere d’amore
ridicole.
La verità è che oggi
sono i miei ricordi
di quelle lettere d’amore
ad essere
ridicoli.