L’ultima volta che in un partito, non sapendo chi scegliere tra due candidati fortissimi, optarono per un segretario di transizione, era il 1976.
Il partito era il PSI, il candidato di transizione era Bettino Craxi.
Pochi mesi dopo la sua elezione a segretario, i suoi avversari, Manca e Signorile, i due candidati alla segreteria che gli avevano ceduto il passo, convinti di rovesciarlo in un soffio, furono messi in condizione di non nuocere. Gli altri capirono subito l’antifona e saltarono in un lampo sul carro del vincitore, che tenne in pugno il partito per 17 anni, costretto alla resa più da Tangentopoli che dai suoi avversari interni.
Inevitabile pensare a questa vicenda a pochi giorni dalla resistibile ( e perciò inarrestabile ) ascesa di Franceschini al vertice del Pd.
Candidato debolissimo.
E quindi fortissimo.
Nessuno dei presunti veri concorrenti alla carica di leader del Pd ( Bersani, Letta, D’alema) ha avuto il coraggio di farsi avanti.
Il rischio di finire bruciati dal previsto disastro alle Europee era troppo alto.
Meglio lasciare la patata bollente a Franceschini e ricominciare dal 22%…
Le prime mosse di Franceschini, però, hanno dimostrato che il nuovo leader non ha nessuna intenzione di stare con le mani in mano ad aspettare gli eventi.
Silvio Berlusconi, persona non priva di fiuto politico, è stato il primo a dare l’avviso: “Non facciamo l’errore di sottovalutare Franceschini”
Ecco quindi la proposta del salario minimo per i non garantiti.
Alcuni dicono che è un’ipotesi non praticabile, ma non importa. Quello che conta è far capire ai ceti deboli che esiste un presidio forte sulla loro situazione, per evitare che tornino a rimpinguare le file della sinistra estrema, diventata ormai extraparlamentare.
Le risposte del governo sono state decise : “Sarebbe bello, ma i conti non ce lo consentono”.
Però intanto si accendono di nuovo le polemiche sui soldi che il Governo ha “buttato” nella vicenda Alitalia e nell’abolizione dell’Ici per le case dei ricchi.
Insomma, Franceschini ha portato a casa un primo punto, per movimentare la classifica, come si dice delle squadre di calcio in lotta per non retrocedere.
Ancora più spiazzante la sua seconda mossa: va ad un convegno del sindacato di polizia e fa una proposta che il Governo farà molta fatica a respingere.
Dice Franceschini: “Votiamo nello stesso giorno per Europee, amministrative e referendum, con i quattrocento milioni che si risparmieranno finanziamo le forze dell’ordine : assunzioni, dotazioni ecc.”
Qui colpisce duro. La lega è contrarissima all’election day perchè il suo timore è che la concomitanza con gli altri appuntamenti elettorali favorisca il raggiungimento del quorum nel referendum e quindi il successo della proposta referendaria: fumo negli occhi per il partito di Bossi che al porcellum tiene più di tutti.
Ma cosa fa il buon Dario? Dice a tutti: che cosa è più importante, il meschino tornaconto elettorale della lega o la sicurezza di tutti noi?
E sottointende: visto che la destra tiene tanto alla sicurezza e con la sicurezza ha vinto le elezioni, lo dimostri anche in questa occasione concreta.
Insomma, niente male per un pivello.
Ma forse ( ce lo auguriamo per lui e per tutti noi) Franceschini pivello non lo è affatto.
Non a caso ha frequentato un’ottima scuola, quella democristiana.
Tifiamo per lui.
Per anni abbiamo temuto di morire democristiani, ma oggi, di fronte alla prospettiva di morire berlusconiani, torniamo sui nostri passi: meglio morire democristiani.
O democratici.
Forza Dario!