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QUANDO CADONO LE STELLE

In che misura è giustificato l’interesse per la vita di un artista?

Conoscere traumi dell’infanzia, vicissitudini amorose, rovesci economici,disturbi digestivi e difficoltà respiratorie di un poeta o di un romanziere ci mette in condizione di capire ed interpretare meglio al sua opera?

Oppure noi accaniti lettori siamo, in fondo, soltanto dei “guardoni” ansiosi di frugare nella vita delle nostre “star” ? Insomma semplici e banalissimi appassionati di gossip ?

Magari convinti, a torto, di essere più “nobili” di altri cultori di gossip sulla vita di veline e calciatori?

È una questione molto controversa, sull’importanza e sull’irrilevanza del conoscere, oltre alle opere di un artista, anche i particolari della sua vita, si sono espressi in molti, da Saint Beuve ( favorevole ) a Proust ( contrario).

Un fatto però è certo : che esplorare la vita di un artista è quasi sempre un esercizio affascinante.
Se poi in questo esercizio, sei preso per mano e accompagnato da qualcuno che si è prende la briga non solo di documentarsi sulla vita dell’artista, ma anche di calarsi nella sua intimità e farla uscire allo scoperto, ecco che il divertimento e l’emozione sono assicurati.

(Gian Paolo Serino)

È quanto avviene con il primo romanzo di Gian Paolo Serino, QUANDO CADONO LE STELLE.

 

La parola che mi viene più facile usare per descrivere questo libro – e devo aggiungere che non sono il primo a farlo – è “incursione”.
Serino fa proprio questo : non si accontenta di scovare i fatti, di rintracciare i documenti, di abbeverarsi alle fonti bibliografiche più disparate, si cimenta anche in un tentativo originalissimo: quello di evocare – quasi medianicamente – lo spirito dell’artista.
Non gli basta, per esempio, sapere e farci sapere che J.Salinger, l’autore de “Il giovane Holden, ha avuto una sfortunata storia d’amore con Oona O’Neill, vuole che di ogni singolo passaggio di quella storia il lettore abbia la “versione” di Salinger.Di un Salinger/Serino naturalmente.
Un biografo “normale” racconterebbe quella vicenda mettendo a fuoco gli avvenimenti esteriori e, per darci conto della loro ricaduta psicologica, si limiterebbe a cercare le lettere scritte dall’artista in quel periodo o a interrogare le persone che gli sono state accanto. Serino fa qualcosa di più, quella storia prova a viverla in prima persona.

( Oona O’ Neill)
È lui che incontra Oona, che la porta al Central Park al laghetto delle anatre, che le prende la mano e la bacia, che poi è costretto a lasciarla per andare sotto le armi.
Ed è lui che vive il lungo incubo della guerra in Europa.


E’ lui che un giorno
apprende quasi per caso che la donna che ama si è sposata a 18 anni con Charlie Chaplin
( già 54enne).

Ma lasciamo la parola all’incursore (il modo migliore per far apprezzare la qualità di un libro è simile a quello che serve per valutare la qualità di un melone : se ne taglia un tassello e lo si assaggia).

Ecco come Salinger/ Serino ci racconta dei suoi primi incontri con Oona:
oona“Un pomeriggio la prendo per mano, fuori dal cinema, e da quel momento cominciamo a fare tutto tenendoci per mano. Non so perchè. Ancora non l’ho baciata, ancora non si sa in che tipo di rapporto andremo a finire, ma ci viene così naturale, qualsiasi cosa facciamo, ovunque andiamo. […]
La bacio per la prima volta in un pomeriggio di fine estare dopo aver tirato da mangiare alle anatre del lago per un buon quarto d’ora.
Poi ci sediamo accaldati sulla nostra panchina e ci abbracciamo. Siamo al centro di ogni cosa. Tutto il resto succede intorno, non è altro che la nostra cornice. I bambini, i ciclisti, le altre coppie che hanno appena fatto un picnic, il canto invasivo delle cicale.
“Un giorno scriverò di questo lago, Ooona. Scriverò anche di queste anatre, avranno un posto importante in una storia” le dico, durante uno dei nostri pomeriggi”
Ed ecco, ancora, il brano in cui Salinger/Serino scopre che Ooona si è sposata con un altro:
Quella mattina apro il New Yorker e lo sfoglio svogliato, un po’ come sempre, alla ricerca di nuovi scrittori pubblicati al posto mio.
Volto velocemente le pagine con le dita sporche del grasso con cui lubrifico la canna del fucile, e del lucido da scarpe per gli stivali. Noto un grosso titolo, a caratteri enormi, che non faccio in tempo a leggere, ma che, per qualche motivo, pernso meriti la mia attenzione.
Torno indietro sulla pagina.L’apro.

CHARLIE CHAPLIN SPOSA A CINQUANTAQUATTRO ANNI LA GIOVANE DICIOTTENNE OONA O’NEILL, FIGLIA DEL PREMIO NOBEL EUGENE O’NEILL

Qualcosa mi strozza la gola, impedendomi di vomitare.
Disegno Chaplin e Ooona che fanno cose insieme.
Disegno un vecchio bavoso con una ragazzina che ha appena compiuto diciotto anni.
Calco così forte sul foglio da spezzare la matita. Vorrei avere un pugnale.”
J.D. Salinger
L’incursione fatta nella vita di Salinger non è la sola che troviamo nel libro di Serino.
Grazie a lui ci “caliamo” anche nella vita di Picasso, di Cary Grant, di Egdar Allan Poe, di Kafka, di Stephen King, di Ernest Hemingway.
Arrivati alla fine del libro, ci sentiamo come i bambini ai quali si raccontano le fiabe: ne vorremmo ancora.
E chissà che non accada.
Sicuramente un altro libro di incursioni come questo io correrei subito a comprarlo…

 

Delusissimo dall’N8….disavventure NOKIA.

Avevo un Nokia N95.

Diciamo subito che era ( parlo al passato perchè è… defunto) il miglior telefono che abbia mai avuto: solido, facile da usare, faceva ottime fotografie e aveva una qualità audio strepitosa.

Quando ho dovuto sostituirlo il primo pensiero è stato: adesso me ne compro uno uguale.

Niente da fare, mi dicono al negozio.
Dal momento che scatto molte foto con il telefonino, chiedo di poterne comprare uno con una telecamera a buona risoluzione.

Mi suggeriscono l’N8.
E’ un touche screen: ormai non producono cellulari di un certo livello che non prevedano questo tipo di procedura.

Mi rassegno – imparerò anch’io come hanno fatto tutti gli altri- pago quasi 500 euro e vado a casa, ansioso di provare il nuovo giocattolo.

Scopro, nell’ordine:

– che ha una qualità audio molto scadente rispetto all’N95 comprato un bel po’ di tempo fa

– che quando si stabilisce la connessione con Internet non chiede, come faceva l’N95, il tipo di collegamento che si vuole utilizzare ( con il rischio di collegarsi utilizzando non il proprio operatore, ma un altro, molto più costoso).

che la fotocamera, pur buona, non ha la stessa velocità e praticita‘ di utilizzo di quella dell’N95 ( il che impedisce spesso di cogliere …l’attimo fuggente)

Ma la cosa veramente inquietante è che ogni tanto va in tilt.
Completamente. Insomma, i comandi non rispondono più del tutto, compreso quello di spegnimento.
E non è nemmeno possibile togliere- in quel caso-  la batteria.

E sapete perchè?

PERCHE’ NON E’ PREVISTO!!!! La batteria e’ INCORPORATA!!!

A quel punto si può solo aspettare che la batteria si scarichi, tirare fuori la scheda e utilizzare un cellulare “muletto” per 10/12 ore.
Ovviamente non sempre uno gira con due cellulari in tasca, il “titolare” e il muletto.

Così ti puo’ accadere di rimanere privo di collegamento fino a quando non rientri a casa.

Fino ad oggi questa cosa del blocco completo dei comandi del cellulare mi è accaduta 4 volte ( in media una volta ogni 3 settimane).

Insomma lodi e osanna per l’N95, il telefono che avevo prima… I negozianti di cellulari, quando faccio loro notare che quello era un gran telefono, il migliore mai prodotto, mi danno ragione immediatamente, lo pensano anche loro.

Peccato che non sempre l’evoluzione della specie sia garanzia automatica di miglioramento.

Nei prossimi giorni porterò il mio N95 ad un centro assistenza e cercherò di farlo rimettere in sesto ( mi dicono sia cosa possibile).

Dopo di che lo utilizzero’ di nuovo.

L’N8 , tutt’al piu’ mi servirà,ogni tanto come macchina fotografica…

Il cappotto del miliardario

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Luciano Bianciardi, l’autore de “La vita agra”, lavorava alla Feltrinelli. Non guadagnava molto e, a Milano, faceva una vita piuttosto grama, mangiando nelle latterie.Una sera, mentre era in riunione con altri intellettuali, anch’essi al soldo della casa editrice, verso le sei del pomeriggio, arriva Giangiacomo Feltrinelli, editore di sinistra ( rivoluzionaria) con il portafoglio ( ben rigonfio) a destra, che Bianciardi chiamava il Giaguaro per la faccia feroce con la quale sosteneva in ogni campo le sue opinioni.
Fresco di doccia, appoggia il suo bellissimo cappotto di cammello di fianco a quello del Bianciardi, voltato e rivoltato un’infinità di volte, e comincia a parlare di giustizia sociale e lotta di classe, per due ore.Bianciardi ad un certo punto non ne può più si alza – con grande imbarazzo dei presenti , perché non ci si poteva alzare quando parlava il padrone – guarda quel suo cappotto liso, batte la mano sul tavolo, prende il cappotto di Feltrinelli, se lo infila, si pavoneggia un attimo, si volta, poi alza il pugno e dice: viva la lotta di classe, ed esce.

.

Per anni, ogni inverno, indossa questo cappotto bellissimo e agli amici, che, al corrente delle sue ristrettezze, gli chiedono:

Ma come hai fatto, Luciano, a comprarti un cappotto così bello?

lo scrittore risponde:

“Non me lo sono comprato, me l’ha regalato Feltrinelli”

Nota a margine :

Un miliardario non può schierarsi con i diseredati?

Certo che può.

Quello che non può fare, a mio avviso, se non vuole sprofondare nel ridicolo, è diventarne l’alfiere.

Ho letto la biografia di Feltrinelli scritta dal figlio ( il titolo del libro è “Senior Service”).

Mi ha ricordato la madre di una mia amica di gioventù, che possedeva una grande azienda e ostentava la sua simpatia per Lotta Continua.

Quando trattava con i sindacati era durissima. Diceva che lo faceva per lealtà nei confronti del suo ruolo.

Era superconvinta di essere nel giusto: liberale in fabbrica, comunista in salotto.

Ridicola sempre, mi permetto di aggiungere.


Povero Kafka! ( lettera ad una studentessa)

Lettera ad una studentessa che sta preparando una tesi su Kafka:

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“Cara G.

             non puoi dire che Kafka è soltanto

“uno degli scrittori più

rappresentativi di inizio novecento”!!!.

Mi sembra un giudizio tiepido e ingeneroso.

Kafka non solo è il dominatore della letteratura del 900 , ma anche l’interprete più autentico delle inquietitudini di quel secolo( tra l’altro ancora in parte presenti in questo!).

Proust che pure, a mio avviso, lo sopravanza di poco e che ha scritto le sue opere più importanti esattamente nello stesso periodo ( La strada di Swann è del 1914) non è così moderno e attuale come lui riesce ad essere ancora adesso a 90 anni da quando ha scritto.

Più calore, cara G. , per il povero Kafka!

Era un impiastro totale come uomo e come fidanzato, lo so e questo forse ti condiziona nel giudizio ( lo vorresti più uomo).

Ma la sua grandezza sta proprio in questo. Se la sua capacità di scrittura ed il suo enorme talento visionario, avessero avuto alle spalle una visione serena dell’esistenza, sarebbe stato un piacevole giocoliere della parola, non un titano della letteratura.

Pensa piuttosto alla sfiga di quelli che sono scontenti e tormentati e non sono nemmeno in grado di raccontarlo decentemente !

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Se la ricetta per diventare un grande scrittore fosse solo quella di avere un padre invadente, uno schiacciante senso di colpa, una fidanzata ansiosa di convolare a “ingiuste nozze”, una madre impicciona e una salute cagionevole, troppi ce ne sarebbero di grandi scrittori!

Da parte mia, non avendo il talento dello scrivere, almeno posso consolarmi della mia visione non catastrofica della vita, di aver risolto per tempo “il conflitto con il Padre” e di avere una discreta salute.

A presto.

F.

A proposito dei desideri di inizio anno

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Buttando giù qualche idea per un romanzo, Flaiano scrive alcune note sui personaggi che lo animeranno:
“L’eroina diventa uomo e l’eroe si scopre pederasta.La loro cameriera diventa attrice e viene ricevuta dal papa.

La puttana, ardente monarchica, fonda un circolo letterario e diventa senatrice.

L’ingegnere scopre la pittura e ci si rovina.

Un vecchio ritorna bambino e si innamora della maestra a cui lo affidano..

….Tutti- e questo è il bello del romanzo- sono infine felici, perchè la felicità e nella trasformazione, nel transito.”

Come spesso succede, Flaiano coglie nel segno.

E’ importante viaggiare, non arrivare.


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Truman Capote nel suo ultimo romanzo, ” Preghiere esaudite”, ci ricorda la massima di Santa Teresa d’Avila:

“Sono state versate più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non esaudite”

Come a dire : cosa ci resta della vita, se smettiamo di desiderare?


La casa di Neruda

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Sistemo le foto fatte nel corso dei miei viaggi e mi capitano tra le mani quelle fatte a Valaparaiso qualche anno fa.

Città “accesa, spumeggiante, dissoluta” dal “luccichio magnetico”, diceva Neruda.

A me, molto più banalmente, Valparaiso è sembrata soprattutto la città delle scale.

Dritte, storte, larghe, strette, brevi e lunghissime, coprono la città come un manto di rughe sul corpo di una vecchia signora.

Assomiglia a certe nostre città del sud: vecchi palazzi del primo Novecento assediati da abitazioni più recenti e ordinarie, una quantità incredibile di negozietti di alimentari, di frutta e verdure, di ferramenta, di vestiti, che fronteggiano ostinatamente la concorrenza dei rutilanti supermercati della periferia.

Traffico spedito e caotico, giardinetti con le palme, in qualche angolo ricorda Trapani.

Indimenticabile, invece, e folgorante, la casa di Neruda, “la Sebastiana”.

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Cinque piani, due stanze per piano.

In ogni stanza grandi finestre che guardano l’oceano: sembrano quadri dai colori teneri e violenti

.

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Dappertutto , un po’ come nelle poesie di don Pablo,nelle quali affiorano continuamente immagini insolite e colorite, oggetti sorprendenti e bizzarri: vecchie polene, binocoli, antichi forzieri di legno, bussole, grandi conchiglie.

Ovunque si sente l’impronta di un poeta non abituato ad appaltare all’Ikea la definizione del proprio habitat.

 

 

 

Un uomo alla finestra ( essere Kafka)

C’è in Kafka una grande avversione per qualsiasi tipo di fisicità.
L’educazione repressiva e gli atteggiamenti ansiosi del padre (v. il bellissimo “Lettera al Padre”) hanno creato in lui un gigantesco senso di colpa, che si riversa sulla sfera dell’eros.
Il pensiero di avere un rapporto fisico con una donna lo atterrisce, ma lo turba enormemente anche il suo essere un uomo socialmente monco e inutile, incapace di accoppiarsi e di avere una famiglia.

Il vero polo d’attrazione della sua vita è la scrittura, l’attività cui vorrebbe dedicarsi in maniera assoluta e monacale

Sente, tuttavia, che la scrittura non può essere, come vorrebbe, il centro della vita, ma soltanto un piacere da concedersi dopo che si è dato spazio al dovere.

Cioè al suo lavoro di funzionario di una compagnia di assicurazioni.
Cioè ai suoi tentativi di approdare ad una vita “normale”

Il dramma di Kafka è proprio questo.

L’amore gli appare sia la possibilità di arrivare finalmente nella Terra di Canaan, quella dove abitano gli uomini e le donne reali che si accoppiano e procreano , sia il momento della definitiva perdizione e rovina, l’addio crudele ad una missione che sente molto più congeniale alle sue attitudini e alle sue forze, quella della scrittura.

Due sono i grandi amori della sua vita.

In entrambi i casi si tratta di donne che vivono a parecchie centinaia di chilometri da Praga: Felice abita a Berlino, Milena a Vienna

In entrambi i casi il rapporto con l’amata ha il suo momento di massimo pathos nella scrittura. In quegli epistolari , c’è uno slancio infinito, un’immaginazione incontenibile, molto più grande di quella messa in opera nei romanzi .

Kafka vive esclusivamente nell’attesa di scrivere alla donna che ama e di riceverne le lettere.

Quando il rapporto, per l’ insistenza della donna amata, si avvicina ad una qualsiasi forma di stabilità e concretezza, lui preferisce troncare.

In entrambi i casi è la malattia che lo consuma la causa apparente della rottura.

In realtà quello che lo spinge a chiudere questi rapporti è il desiderio di tornare a se stesso, di ritrovarsi senza fardelli sia come uomo sia come scrittore.

Un’ultima considerazione.
Il complesso di colpa, proprio per i prezzi che ha saputo esigere nella vita di Kafka, ha limitato enormemente la sua produzione letteraria: restano alcuni splendidi racconti e tre romanzi, di cui uno solo portato a termine.

Ma, senza quel mostruoso senso di colpa, che ne sarebbe dell’opera di Kafka?

Lo considereremmo, come lo consideriamo oggi, uno dei grandissimi del Novecento?

Penseremmo a lui come ad uno scrittore attualissimo, nonostante il secolo che è passato da quando ha scritto i suoi libri?