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Uòlter si è fermato a Eboli

di Marco Travaglio (Unità 5 marzo 2008)

Non si può negare che Uòlter sia stato di parola, quando annunciava un profondo rinnovamento delle candidature del Pd rispetto alle liste un po’ ammuffite dei Ds e della Margherita alle elezioni del 2006.

Molti giovani, molte donne, molti volti nuovi (almeno per la politica) negli elenchi stilati l’altroieri, proprio mentre il Cainano, anzi il Cainonno rendeva significativamente visita al Partito dei Pensionati.

Ma c’è un ma grosso come una casa, che riguarda il Sud. E soprattutto la Sicilia, la Calabria e la Basilicata, le tre regioni più devastate negli ultimi anni dagli scandali di malapolitica e malasanità. Qui il rinnovamento, a essere generosi, s’è fermato a metà.

In Lucania si ricandidano gli indagati Margiotta e Bubbico.

Ma il peggio accade in Sicilia, dove le liste sono state compilate dal leader del Pd Francantonio Genovese, con la consulenza pare- di due vecchie volpi come Totò Cardinale (Margherita) e Mirello Crisafulli (Ds). Crisafulli naturalmente nelle liste c’è, sebbene nel 2001 fosse stato filmato dalle telecamere nascoste dai carabinieri mentre incontrava e baciava in un hotel di Pergusa il boss di Enna, Raffaele Bevilacqua, già condannato per mafia, reduce dal soggiorno obbligato e in quel momento agli arresti domiciliari, col quale parlava di appalti e assunzioni, dandogli del tu. In lista c’è anche Genovese, sindaco di Messina, titolare di un discreto conflitto d’interessi riconosciuto anche da Violante (”la nuova legge sul conflitto d’interessi dovrà valere non solo per Berlusconi, ma naturalmente anche per il sindaco di Messina”). Genovese infatti è socio della ditta di traghetti che di fatto ha il monopolio dei trasporti dal porto messinese a quello di Salerno ditta che ha come socia di maggioranza la famiglia Franza, tant’è che Genovese è stato ribattezzato “Franz-antonio”). E qualche mese fa aveva proposto di imporre un ticket agli automobilisti e ai camionisti di passaggio: ottima scelta ambientalista, se non fosse che il sindaco promotore del ticket e l’esattore delegato a riscuoterlo potrebbero essere la stessa persona: l’ottimo Franz-Antonio, in società -si capisce- coi Franza.

Quanto a Cardinale, essendo un veterano del Parlamento, ha ceduto il passo alla figlia Daniela: per lui il seggio è ereditario.

Nelle liste siciliane del Pd trovano posto anche Nuccio Cusumano, arrestato nel ’99 a Catania per concorso esterno in associazione mafiosa a proposito degli appalti truccati dell’ospedale Garibaldi: poi è stato assolto per la prima accusa, mentre la seconda è caduta in prescrizione. Uno dirà: niente condanna, dunque candidatura. Ma allora come si spiega la presenza, nelle stesse liste siciliane, del margherito Enzo Carra, condannato a 1 anno e 4 mesi per false dichiarazioni al pool di Milano, praticamente per aver tentato di depistare le indagini sulla maxitangente Enimont?

Non si era detto: niente condannati, nemmeno in primo grado? O si vuole forse sostenere che mentire sotto giuramento alla Giustizia non sia un reato grave?

Bill Clinton, per aver mentito sotto giuramento al Gran Giurì sulla sua fedeltà matrimoniale e non in veste di testimone, ma di indagato rischiò di giocarsi la presidenza. Completa il quadro dei sicuri rieletti in Sicilia Luigi Cocilovo (assolto da una mazzetta da 350 milioni di lire solo perché era cambiata la legge e le dichiarazioni del suo accusatore non potevano più essere usate contro di lui, ma solo contro il suo corruttore, regolarmente condannato per averlo corrotto). Tutte scelte difficili da spiegare, soprattutto se si pensa che non è stato ricandidato Beppe Lumia, vicepresidente dell’Antimafia, che da anni vive sotto scorta per le minacce dei clan.

E nemmeno un altro simbolo delle battaglie per la legalità come Nando Dalla Chiesa. Il leader della Confindustria Ivan Lo Bello, in prima linea contro il racket, ha subito protestato. E quando la politica prende lezioni di antimafia dalla Confindustria…

E’ in arrivo la terza Repubblica ( ma assomiglierà alla prima e alla seconda)

travaglio

 

Guardo “Niente di Personale” sulla 7.

C’ è un giornalista puro e duro ( Marco Travaglio) che è ormai rimasto tra i pochi personaggi pubblici che riescono a vedere le cose per quello che sono.

Per lui un latitante NON è un esule un condannato con sentenza definitiva è un pregiudicato e NON una vittima della malagiustizia, un immeritevole che diventa primario in un ospedale grazie alle sue entrature politiche NON è un uomo che ha saputo crearsi un network di amicizie, ma semplicemente un furbacchione che ha scelto strade traverse per ottenere quello che a tutti gli altri piacerebbe vedere conquistato con fatica.

Il giornalista puro e duro si esprime con chiarezza: non ha bisogno di arrampicarsi sugli specchi per dimostrare cose che sono evidenti a tutti.

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Nella stessa trasmissione c’è un giornalista antagonista del primo. Si esprime in maniera confusa e contorta, sembra imbarazzato lui stesso dalle cose che dice.

Che pena! Eppure, se siamo lettori di giornali e se guardiamo i tg, questa è la fauna prevalentemente circolante.

Il giornalista puro e duro non viene quasi mai smentito dal collega, risulta sempre molto più documentato sui fatti di chiunque altro.

Il collega si limita a dargli del moralista, a fare del sarcasmo sui suoi articoli definiti simili a “mattinali di questura”

E’ un vecchio metodo. Quando uno dice che il re è nudo o è un ingenuo o un moralista.

Nel frattempo alle persone normali, che sono i più, non resta che assistere all’avvicendarsi delle Repubbliche, una più corrotta dell’altra.

Ha ragione Antonio Di Pietro: aboliamo le province!


Sempre più spesso mi trovo a dar ragione ad Antonio Di Pietro, pur non avendolo votato.

Ha quello che manca a molti altri uomini politici: concretezza, pragmatismo, indipendenza dalle pressioni lobbistiche.

C’è un tema che oggi tutti i politici italiani, o quasi, dimostrano di considerare centrale, quello dei costi della politica e dell’Amministrazione dello Stato, e c’è una soluzione efficace a questo problema, che tutti, tranne Di Pietro e pochi altri, considerano tabù: quella dell’accorpamento dei piccoli comuni e del superamento delle province.

Ecco quello che Antonio Di Pietro dice nel suo sito:

Oggi i Comuni sotto i 5.000 abitanti sono ben 5.835, la maggior parte in Piemonte e in Lombardia, su un totale di 8.101.

La struttura attuale di Stato-Regione-Provincia-Comune con l’aggiunta delle Comunità Montane è costosa e macchinosa e quindi lenta nell’attuare decisioni anche importanti per i cittadini. Le competenze delle Province possono essere attribuite agli altri enti. L’eccessivo frazionamento dei Comuni non consente una politica coordinata del territorio e moltiplica i costi di sindaci, consiglieri comunali, assessori, impiegati comunali e degli stessi edifici pubblici.

Tutte osservazioni di buon senso, oltre che paurosamente inconfutabili.

Il personale che attualmente opera nelle strutture che fossero superate potrebbe essere impiegato, con processi di mobilità territoriale e di riqualificazione, a rafforzare enti e strutture utili, ma poco funzionanti per deficit di personale.

Ovviamente superando un altro tabù, anche questo fortemente sentito da quasi tutta la classe politica: quello della inamovibilità di chi occupa un posto pubblico.

Non si capisce perchè quando si ristrutturano le grandi Aziende diffuse nel territorio nazionale ( Telecom, Enel, Poste) si possa far ricorso a processi di mobilità territoriale e di reimpiego e per i dipendenti di piccoli comuni, province e comunità montane no.

Un’ultima considerazione.

Tutte le volte che si è pensato di creare una nuova provincia,

(ben 10 negli ultimi 10 anni : Barletta-Andria- Trani, Monza, Fermo, Verbano, Lecco, Lodi, Rimini, Prato, Crotone e Vibo Valentia)

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i padrini politici dell’iniziativa hanno detto che l’operazione era a costo zero: il personale sarebbe stato reperito tra quello esistente.

Nulla di più falso.

Il personale della Vecchia Provincia destinata a perdere pezzi del suo territorio per alimentare la Nuova Provincia si è sempre rifiutato in massa di accettare il trasferimento ed è stato accontentato da chi aveva interesse ad assumere nella nuova sede ( anche qui : nuovi costi di standing evidenti e non assorbiti dal rilascio delle vecchie sedi).

Essendo coinvolta in questo costosissimo giochino della creazione di nuove sedi, l’intera classe politica, o quasi, è naturale che il tema sia tabù e che, con tutto il rispetto per la voce fuori dal coro di Di Pietro, ricevano pochissimo risalto le proposte di cambiamento.

Purtroppo questo è un Paese che è talmente impantanato nell’immobilismo da offrire immeritato successo, da sempre, ai politici che descrivono come pericoloso e rivoluzionario anche il più ovvio e necessario dei cambiamenti.