Sull’Unità di oggi Marco Travaglio scrive un altro capitolo del duello a distanza che da anni conduce con Adriano Sofri.
Qual’è l’episodio scatenante ?
Sofri, uno dei mandanti dell’omicidio Calabresi ( ci tocca chiamarlo così perchè questo è il risultato finale cui è giunto il processo a suo carico) desiste dal tentativo portato avanti per anni di attribuire l’assassinio del commissario ai servizi segreti ( vecchia panacea: ai servizi segreti in questo paese sembra agevole dare la colpa di tutto e del contrario di tutto).
Non solo, desiste anche dal tentativo di attribuirlo alla destra.
Non ammette di essere il mandante, anche se, essendo il mandante, avrebbe il diritto di farlo.
Ma ammette che gli assassini erano di sinistra e che l’omicidio “fu l’azione di qualcuno che, disperando nella giustizia pubblica e confidando sul sentimento proprio, volle vendicare le vittime di una violenza torbida e cieca” ( cioè Pinelli e i caduti di piazza Fontana).
Nota a questo punto Travaglio:
“Solo chi per tutti questi anni ha rimosso o ignorato la condanna di Sofri, facendo finta di niente o elevandolo addirittura a maitre à penser perchè “da allora è molto cambiato”, può stupirsi delle sue parole”
Cambiato, un par di ciufoli, sotiene Travaglio!
Che implacabile cita quanto Sofri scrisse 36 anni fa all’indomani dell’uccisione del povero commissario Calabresi:
“Ucciso Calabresi, il maggiore responsabile dell’omicidio Pinelli”- “Un atto in cui gli sfruttati riconoscono la propria volontà di giustizia”
e lo mette a confronto con quanto ha scritto in questi giorni sul FOGLIO:
“Gli esecutori dell’omicidio erano mossi da sdegno e commozione per le vittime”.
E’ cambiato Adriano Sofri?
No, non è cambiato.
Giustificava l’omicidio allora, continua a giustificarlo adesso.
Cosa aspettarsi di diverso dal mandante?