Archivi tag: Air France

Cai ritira l’offerta, Alitalia a poche ore dal il fallimento.

Alitalia mai così vicina al baratro come oggi. 

Davanti a Gianni Letta in vesti di mediatore, si sono trovati i rappresentanti di otto sigle sindacali, il presidente e l’amministratore delegato di Cai Roberto Colaninno e Rocco Sabelli e il commissario Alitalia, Augusto Fantozzi.
Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno firmato il protocollo d’intesa che Letta ha presentato come ultima spiaggia non più mediabile, ma i rappresentanti autonomi dei piloti (Anpac, Up) e degli assistenti di volo (Avia e Sdl) hanno detto di “no”.  

Colaninno era stato chiaro: senza le firme dei sindacati (tutti i sindacati) l’offerta di Cai per Alitalia  (l’unica sul tavolo) sarebbe sparita per sempre.

L’imprenditore mantovano ha agito di conseguenza. Fallito l’accordo con le sigle degli autonomi, ha convocato a tambur battente il cda di Cai, che ha immediatamente deciso di rinunciare a presentare l’offerta.

 Salvo miracoli è il fallimento

Cioè: aerei a terra,  personale a casa, libri in tribunale .

Attraverso il fallimento Air France-Klm, oppure  Lufthansa, oppure qualunque altro imprenditore potrà rilevare la compagnia a prezzo stracciato e potrà decidere in piena autonomia, quanto dell’attuale personale riassumere e a quali condizioni.

Speriamo che non sia così.

Ma se così fosse, che ci racconterà questa volta il nostro immaginifico premier?

Ci dirà che aveva ragione Prodi che voleva vendere ad Air France, che era disposta a rilevare la compagnia a pagare i debiti a tagliare un numero di risorse molto ragionevole senza alcun costo aggiuntivo per i contribuenti italiani?

No, non ce lo dirà.

Lo sanno tutti che è così, e lu lo sa meglio di tutti.

Ma sa anche che si governa con le bugie….

“Scalfari? Un fascista rancoroso” I sostenitori di Berlusconi scarseggiano di argomenti…

Ieri ho pubblicato su Internet la sintesi di un editoriale di Eugenio Scalfari.
Il titolo del post, per chi volesse prenderne visione è “Berlusconi andrebbe interdetto dai familiari”. Scalfari dice la sua sul premier

Ho publicato questo post anche in altri siti, ricevendo moltissimi commenti, alcuni di condivisone altri di dissenso.

Ho notato però una cosa: quasi tutti i commenti di dissenso si concentrano sulla persona di Scalfari.

Che è stato fascista, che ha l’Alzheimer, che è un vecchio rancoroso ecc.

Nessun commento invece sulla sostanza del suo intervento.

Il che mi fa pensare, dispiace dirlo, che i sostenitori di Berlusconi, almeno quelli che circolano nei blog,  non abbiano grandi argomenti per difenderlo.

Non oso immaginare i sarcasmi di Mario Giordano e Maurizio Belpietro se Prodi, durante una crisi come questa,

1)fosse andato al Bagaglino A FARE IL PIRLA

2) avesse fatto il broker per Eni ed Enel,

3) avesse rilasciato indecorose dichiarazioni sulle ore che dedica alle sue attività sessuali ecc.

Ma secondo me la cosa più inquietante è questa: aver accusato i suoi avversari di essere tristi e preoccupati.

“Io non sono così” dice.

E ti credo!

Mentre lui fa collezione di ville, comprandosene una all’anno, c’è chi non sa dove sbattere la testa per pagare il mutuo di 40 metri quadri in periferia!

Ma non è solo la sua indelicatezza il problema ( se tanti lo votano, può essere che sia perchè siamo un paese di masochisti e anche il masochismo in democrazia è una scelta consentita).

Il problema è nell’imperizia: la scelta dell’Ici è stata disastrosa.

Pongo semplici domande.

Ha avuto senso togliere 1500 euro di Ici a chi ha una casa da 1 milione di euro e non fare ASSOLUTAMENTE NIENTE per chi non ha la casa ( per esempio uno sgravio fiscale sugli affitti)?

E’ giusto comportarsi così dopo aver fatto una campagna elettorale piena di promesse per i ceti deboli?

Ha avuto senso aprire una guerra con Air France che pagava i debiti di Alitalia, per farli pagare agli italiani ( senza nemmeno poi riuscire a tutelare l’italianità, come presto avremo modo di scoprire)?

Ha avuto senso pagare a piè di lista 140 milioni di debiti a Catania, malissimo amministrata da un suo amico e sodale? (meglio Brunetta che dice: gli amministratori pubblici locali dediti agli sprechi lasciamo che sia il popolo a inseguirli con i forconi).

Nessun senso.

Bravo sui rifiuti? Più di Prodi sicuramente ( ma non ci voleva molto).

Ricordo quello che diceva un personaggio di Troisi nel film “La vie del signore sono finite”, ambientato durante il fascismo: “E’ vero che Mussolini fa arrivare i treni in orario. Ma allora non bastava un capostazione?”
Idem per Silvio: “E’ vero che sono spariti i rifiuti a Napoli ( pare che rimangano comunque grossi problemi nel circondario). Ma non bastava un buon netturbino?”

Silvio vorrebbe ringraziare Walter per Alitalia, ma …è bloccato dalla sciatica!

Cominciano a filtrare le prime informazioni sull’epilogo della vicenda Alitalia.

Rientrato dagli Stati Uniti, dove era andato per presentare la pubblicazione in inglese di un suo romanzo,  Veltroni cerca di dare una mano alla soluzione della vicenda.

Ha buon ascendente su Epifani ( almeno questo è quanto l’opposizione continua a rinfacciargli, come se avere un buon rapporto con Epifani fosse disdicevole quanto avere in casa …uno stalliere mafioso!) e un ottimo rapporto con Colaninno.

Dal momento che Colaninno ha dichiarato in lungo e in largo che non ha nessuna intenzione di riprendere in mano Alitalia senza la firma della Cgil, Veltroni decide di convocare sia l’industriale che il sindacalista. E, per mantenere riservato l’incontro, convoca i due a casa sua all’ora del tè.

Ma lo fa lealmente. Avverte Bonanni e Angeletti. E, soprattutto, avverte il grande tessitore della vicenda Alitalia, cioè Gianni Letta.

L’incontro ha successo e si trova una quadra per chiudere l’accordo.

Nelle ore immediatamente precedenti la firma vera e propria, avvenuta ieri, Veltroni è vittima di un fuoco di sbarramento di invettive e sarcasmi.

Stamattina Mario Giordano, il direttore del giornale di famiglia di Berlusconi esegue gli ordini di scuderia e tratta Veltroni come un megalomane, una specie di mosca cocchiera  pronta ad accaparrarsi i meriti altrui, dopo aver giocato a lungo al tanto peggio tanto meglio.

La vicenda ha dell’incredibile per questi motivi:

1) le accuse provengono da chi, quando si profilava la soluzione Air France, oggi con il senno di poi considerata di gran lunga la migliore possibile, la sabotò cinicamente e deliberatamente ( sfruttando un assist dei sindacati) per calocolo elettorale.

2) Quando Epifani veniva considerato il principale ostacolo alla chiusura dell’accordo, Veltroni veniva accusato di coprire e appoggiare il segretario della Cgil. Non appena esce allo scoperto per esercitare su di lui e su Colaninno un’azione di moral suasion, viene aggredito e deriso.

Berlusconi poteva mostrarsi un uomo di stato: chiedere esplicitamente, come si usa fare in momenti drammatici ( perfino Bush insegna) la collaborazione dell’opposizione e, una volta risolto il problema, ringraziare chi aveva dato una mano.

Peccato che non sia un uomo di stato, ma un piccolo politicante innamorato di se stesso ( ma forse è tutto livore antiberlusconiano il mio; magari voleva ringraziare, ma non ce l’ha fatta per via …dell’attacco di sciatica che lo ha colpito in questi giorni)

L’aereotaxi per il ministro lo paghiamo noi ( lo scandalo Scaiola ad ANNO ZERO)

Ad Anno Zero ieri sera finalmente tutti possono parlare sulla questione Alitalia in piena libertà.

Tralascio di commentare passo passo tutti i punti salienti della trasmissione.

Ma voglio sottolineare una cosa che emerge con chiarezza dalla trasmissione.

La cosa che emerge con chiarezza è questa:

LA PROPOSTA AIR FRANCE DI QUALCHE MESE FA ERA  MIGLIORE DELLA SOLUZIONE ODIERNA.

Mesi fa Berlusconi aveva attaccato la vendita ad Air France, sostenendo che era una svendita. Adesso è chiaro che chiunque fosse sano di mente, potendolo fare, tornerebbe indietro nel tempo per firmare di corsa quell’accordo.

Tale accordo non costava nulla agli italiani, mentre quello di oggi costerà ad ognuno di noi, neonati e centenari compresi, 100 euro a testa.

Qualcuno dirà: però l’accordo di oggi consentirà di mantenere l’italianità della compagnia.

Balle: entrerà un vettore europeo e, in un tempo che va da un minimo di sei mesi ad un massimo di cinque anni, prenderà il controllo della Compagnia.

Insomma nessuno crede più alla favola della svendita ad Air France.

E ne sono talmente consapevoli nella maggioranza, che adesso hanno cambiato musica.

Ieri sera, ad Anno Zero, Castelli si guardava bene, in presenza di agguerriti contraddittori, dal continuare a raccontare questa favola. Si limitava a dire che Air France è andata via per colpa dei Sindacati.

Il che non è vero.

Se Berlusconi, invece di sparare a zero su quella soluzione, l’avesse appoggiata, i sindacati avrebbero finito per trovare un accordo. Ma in presenza di un futuro premier pronto a far loro la guerra, i francesi hanno colto al volo il pretesto di alcune resitenze sindacali per gettare la spugna.

Quindi almeno una verità è stata accertata ieri sera con il consenso di tutti:

AIR FRANCE ERA MEGLIO(i francesi si assumevano i debiti, salvaguardavano azionisti e obbligazionisti, tagliavano meno esuberi).

Ma la “chicca” più clamorosa della trasmissione è stata il servizio di Corrado Formigli sul volo Roma- Albenga.

Un formidabile spreco di Stato: il volo costa 134 mila euro a settimana e rende poco più di 12000 euro.

Assurdo ( tanto più che a soli sessanta chilometri da quella pista c’è l’aereoporto di Genova).

Chi è lo sponsor di questo spreco di Stato ( 6 passeggeri in media su un aereo da 66 posti)?

Il simpatico ministro Scaiola, che abita a pochi passi dall’aereoporto di Albenga.

Giusto coronamento ad una trasmissione in cui qualcuno aveva tentato di far credere che il problema dell’Alitalia fosse solo lo stipendio dei piloti e non l’invadenza dei politici e la loro ferma volontà di subordinare ai loro interessi anche le scelte tecniche ed economiche dell’Azienda.

Alitalia, firma vicina: Silvio come la Tatcher? Non scherziamo!

Su Alitalia pare vicino l’accordo.

Sta per partire quindi la grande macchina della mistifcazione.

Silvio ha risolto il problema, esattamente come ha fatto con i rifiuti di Napoli. E l’opposizione ha messo i bastoni tra le ruote, infischiandosene degli interessi del paese.

La storia è ben diversa e si fa presto a raccontarla.

Silvio qualche mese fa ha messo i bastoni tra le ruote al governo in carica, mettendo in fuga, complice Epifani, la miglior offerta possibile per Alitalia, quella di Air France.

I francesi garantivano il pagamento dei debiti e il rilancio della compagnia, in cambio, ma mi sembra ragionevole, volevano averne il timone.

Messi in fuga i francesi,  Silvio mette in campo la cordata dei Capitani Coraggiosi ( Cai) che però hanno il fiato corto dal punto di vista economico e non hanno il know how necessario quindi prospettano non solo tagli colossali di personale, ma indirizzano la compagniad un ruolo provinciale, di piccolo cabotaggio ( la cosiddetta compagnia “di bandierina”).

Cgil, piloti e Pd ( Veltroni)  insistono perchè si trovi un partner estero.

Paventando un ritorno all’origine, cioè alla soluzione osteggiata in campagna elettorale, Silvio dice: “O Cai o morte” “O si accetta il piano della cordata italiana o si va al fallimento”.

Gli antagonisti non cedono. E l’accordo che oggi si profila, dando loro ragione, prevede finalmente il socio straniero ( Air France o Lufthansa).

Il quale socio straniero prima o poi prenderà il controllo della compagnia.

Gioco dell’oca, ritorno al via?

Certo, ma con una piccola differenza: il socio straniero prenderà possesso della compagnia senza accollarsene i debiti, mentre Air France a marzo era disponibile a farlo.

Il risultato di Silvio è quindi quello di aver messo ( inutimente, visto che si poteva fare diversamente) le mani nelle tasche degli italiani, ognuno dei quali ( neonati e moribondi compresi) dovrà tirare fuori con questa soluzione 100 euro  a testa.

Vittoria di Silvio?

Non scherziamo: gestione disastrosa condotta con cinismo e dilettantismo.

Ma il can can mediatico è pronto: W Silvio, nuovo Tatcher…

Epifani aveva firmato ( le menzogne e le trappole del governo)

Segnalo questo articolo di Conchita de Gregorio, che chiarisce la posizione di Epifani al di là delle costruzioni strumentali che ha voluto darne il governo nella sua ansia, in caso di fallimento della trattativa Alitalia, di avere a portata di mano un capro espiatorio da offrire all’opinione pubblica.
Ovviamente in questa vicenda nessuno è esente da colpe.

Epifani, ad esempio, dovrebbe fare un po’ di autocritica sulla vicenda Air France: doveva fidarsi di chi gli diceva che quell’offerta era buona, tenuto conto delle circostanze e delle condizioni offerte.
Probabilmete Air France sarebbe andata via comunque per via dell’annunciato ostracismo di Berlusconi, ormai prossimo premier, ma un fatto è certo: la rigidità delle parti sindacali ha offerto ai francesi un prestesto formidabile per alzarsi dal tavolo.
Detto questo, devo dire che trovo convincente la posizione di Epifani e corrette le sue proccupazioni per le menzogne e le trappole che si stanno scatenando intorno a questa delicatissima partita.
Waterloo. Caporetto.Titoli senza troppa fantasia, certo: giusto per capirsi. Il sindacato – la Cgil, tra i sindacati – è arrivato alla fine.

Due volte il disastro Alitalia collassa a un passo dalla meta, due volte il dito è puntato contro il sindacato. Sono stati loro, è colpa loro.
Un sentimento diffuso, un senso di estraneità alle storiche forme della battaglia sindacale che contagia ormai anche il cinema, nel cinema i registi di sinistra: nel documentario sulla Thyssen di Calopresti i sindacalisti inzuppano la brioche nel caffellatte mentre la Lega fa reclutamento nelle fabbriche, nel film di Virzì sui call center al difensore dei diritti dei precari attaccano i bigliettini di scherno sulla schiena.

Battaglie di retroguardia, conservatorismo miope.

È notte, ormai. È la notte fra giovedì e venerdì, Cai ha ritirato l’offerta. Guglielmo Epifani arrotola al gomito le maniche della camicia, la cravatta è allentata.
Tiene in mano la lettera datata “Roma, 18 settembre” e indirizzata a Colaninno. Comincia così: «Signor presidente, come d’intesa le confermo la nostra adesione e la nostra firma all’accordo quadro…». Finisce con una firma, appunto: la sua firma.
Epifani aveva firmato, Colaninno sapeva dal giorno prima che lo avrebbe fatto: «Come d’intesa», se lo erano detti.
epifani.jpg%20penna.jpg

«Bisogna stare molto attenti – dice adesso che è davvero tardi con la voce arrochita dalla giornata campale – bisogna davvero evitare di cadere nella trappola di questo governo: è chiaro che a loro faccia comodo dire che siamo stati noi ma non è così. Ecco la lettera, i fatti sono questi. Noi non abbiamo difeso i piloti: abbiamo provato a convincerli.

I due terzi del personale di volo non è rappresentato dalla Cgil. Non si poteva arrivare ad un accordo senza di loro. Lei può fare il giornale senza i giornalisti? Ecco, è così. Poi io credo che le ragioni che hanno portato al fallimento dell’intesa siano più ampie di quel che appare: sulla decisione simultanea e unanime dei componenti della cordata devono aver pesato molti elementi, diverso tipo di pressioni a partire dal quadro catastrofico internazionale per finire a motivi di equilibrio politico. Sia come sia: dev’essere chiaro che i piloti hanno sei o sette rappresentanze diverse, sono una somma di corporazioni. C’è stato un tentativo di mettere all’angolo la Cgil che è passato da lì. La Fiat dell’80 non c’entra niente, semmai qui è il contrario».

Sia come sia, Epifani, lei è ritratto oggi come l’esecutore testamentario di un sindacato in agonia: un fatto culturale prima che tecnico. La Cgil frena, ferma, blocca e oltretutto non rappresenta più i giovani, i lavoratori precari che temono di associarsi perché ricattati dalla “flessibilità”: il sindacato così com’è non è più di questo tempo.

«È certamente questo il messaggio che si vuole far passare. Questo governo cerca il nostro discredito e non c’è dubbio che lo faccia in un clima generale in cui si prova a fare a meno del sindacato. Però vede: è proprio a questo tentativo che dobbiamo fare argine e dobbiamo farlo partendo dai fatti. La Lega nelle fabbriche, lei dice: benissimo. Però nelle fabbriche votano Lega ma sono iscritti alla Fiom. Non posso dire tutti ma molti, moltissimi. Allora è un altro il problema: è la cerniera fra il sindacato e la politica, fra il sindacato e il partito che si è indebolita. I nostri tassi d’iscrizione sono sempre altissimi, molto più alti che altrove in Europa. Non c’è più un prototipo di lavoratore, la realtà è variegata. Certo: un tempo si arrivava al sindacato attraverso la politica. Certo, le generazioni più giovani sono sottoposte al ricatto del datore di lavoro in nome della flessibilità ed hanno paura di aderire al sindacato. I precari non si iscrivono, è vero: sono spaventati.
La campagna ostile al sindacalismo è stata potentissima: è la politica che deve battersi contro questo tentativo di ostracismo».
berlusca%20penna.img_assist_custom.jpg
E non lo fa, sottintende Epifani: non lo fa abbastanza. La “cerniera” fra sindacato e partiti di sinistra: quella si è sciupata.
«Sono convinto che su Alitalia alla fine Berlusconi ricorrerà all’ennesimo colpo di teatro. È una gestione del paese fatta di continui colpi di scena. Non è così che si tutelano i diritti, non così si conserva la democrazia. Noi abbiamo agito come sempre con senso di responsabilità e mi creda, questa volta in specie con una disponibilità estrema. Prima di suonare il de profundis del sindacato bisognerebbe guardarsi attorno: abbiamo affrontato la questione di cinquemila esuberi in Telecom, sei o settemila saranno quelli di Alitalia, quattromila quelli di Merloni. Quando si parla di quindicimila lavoratori bisogna contare da uno a quindicimila e soffermarsi a pensare che ogni numero è una persona. Ci vogliono ore a contare: uno sono io, uno è lei, provi a immaginare. Altro che Caporetto. Siamo nel pieno della guerra e dobbiamo crederci, dobbiamo restare fermi qui non arretrare di un passo davanti all’offensiva populista. Dobbiamo vincere».
Concita De Gregorio ( L’Unità)

“Meglio falliti che in mano a quei banditi!” ( il caso Alitalia)

“Meglio falliti che in mano a quei banditi!”

Questo gridavano ieri pomeriggio a Roma .

Il personale di volo non ci sta e preferisce continuare a dibattersi sull’orlo del baratro piuttosto che accettare di firmare con la pistola posata sul tavolo.

Adesso sarà difficile rimettere insieme i cocci di questa vicenda.

Come è difficile distinguere le responsabilità di questo disastro.

Ma alcune sono chiare.

Non so se i capitani coraggiosi fossero l’unica chance di salvare l’Alitalia. Francamente ne dubito. Alle condizioni di superfavore messe sul tavolo da Berlusconi credo che si farebbe avanti qualsiasi grossa azienda di trasporto aereo del mondo ( e, mi si perdoni il piccolo calambour, con molto più “trasporto” di quanto ne abbiano messo insieme i personaggi della cordata, cioè con molta più disponibilità a rilanciarla). Spunta infatti Lufthansa..

Una cosa è certa. Conosciamo bene il modo di procedere di Colaninno. Ho un parere personale, ma preferisco lasciare la parola a qualcuno che se ne intende, cioè all’attuale amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, il quale proprio pochi giorni fa ha detto:

’La scalata di Colaninno  a Telecom Italia con i debiti che hanno impoverito la societa’ e’ stata un delitto contro il progresso del paese’.

L’uscita di scena di Colaninno appare un disastro, ma forse eviterà all’Alitalia di subire il destino di Telecom, che ha avuto la “fortuna” di avere alla sua guida ben 2 Capitani Coraggiosi ( Colaninno e Tronchetti) uscendone impoverita e indebitata.

Ci siamo probabilmente risparmiati, con l’uscita di scena di questi signori, una lunga agonia di Alitalia: se si deve ricominciare meglio farlo con chi ha il know how e le spalle forti dal punto di vista economico.

La seconda cosa ormai chiara scaturisce dalla prima. In mancanza di Capitani Effettivamente Coraggiosi ( è necessario l’avverbio perchè i Capitani Coraggiosi tout court come si è visto qui in Italia latitano) occorre rivolgersi all’estero. Prodi, che puntava su Air France, lo aveva capito. E’ stato coperto di insulti, come se volesse svendere: ma se quella era una svendita, come mai non c’era la fila per comprare?

La terza cosa chiara è che su Alitalia hanno sbagliato tutti. Nessuno si chiami fiuori.

L’attuale governo è retto da un uomo che sa benissimo come martellare gli elettori con le bugie, fino a quando le stesse non diventano comune patrimonio di verità.

A lui basta ricordare quello che disse nel 2003, quando era al governo: “Alialia? Ghe pensi mi”. Si è visto.

L’ultima cosa chiara è che adesso sarà necessario trovare una soluzione alla quale possano aderire la maggior parte delle forze in campo, in modo da isolare le frange estremiste, quelle del “tanto peggio tanto meglio” che in questo paese ci sono sempre.

Prima di muoversi alla cieca, il governo abbia l’umiltà ( so che per Berlusconi è una parola quasi impossibile da pronunciare) di sedersi al tavolo con l’opposizione, responsabilizzandola e ascoltandone le proposte.

Rialzati Alitalia! ( Un errore: pagheremo caro, pagheremo tutti)

In quale paese del mondo un industriale potrebbe guidare una cordata per rilevare la compagnia aerea di bandiera e al tempo stesso candidarsi come premier?

Sappiamo già come andrà a finire in caso di vittoria del centrodestra.

Avendo fatto fallire la trattativa con i Francesi, Berlusconi non accetterà di assistere poi al fallimento di Alitalia.Il caso Alitalia diventerà infatti  il primo banco di prova del nuovo governo.

Ma, una volta vinte le elezioni, Berlusconi potrà toccare con mano quello che sa benissimo già adesso e che accuratamente nasconde agli italiani, cioè il fatto che non esistono in Italia industriali di peso diposti a ficcarsi in quel ginepraio nemmeno per fare un piacere al loro collega premier.

A quel punto, pur di non perdere la faccia, Berlusconi farà di tutto per salvare la compagnia a spese dello stato.

I quindici miliardi che servono per salvare capra e cavoli, cioè Malpensa e Alitalia, saranno inevitabilmente sottratti alla sanità, alla sicurezza, alla solidarietà sociale, alla lotta al precariato. Con buona pace dei ceti deboli che francamente se ne infischiano sia di Malpensa sia di Alitalia.

Berlusconi