Archivi tag: borsellino

Mangano, Falcone e gli adoratori di Silvio

Qualcuno in questi giorni ha fatto notare che Berlusconi dimostra cinismo ed impudenza nel momento in cui prende a modello Giovanni Falcone.

Questi commentatori- Travaglio in testa- evidenziano il fatto che solo pochi mesi fa Berlusconi esaltava Mangano come un eroe.

Ammirava e stimava Falcone – dicono- anche quando si teneva in casa Vittorio Mangano, poi fatto arrestare e condannare da Falcone a 11 anni per mafia e traffico di droga? Anche quando usava come stalliere il  reggente del mandamento di Porta Nuova che aveva preso parte alla decisione della Cupola di Cosa Nostra di uccidere Falcone e Borsellino?

Come si fa ad avere per eroi e modelli sia Falcone che Mangano?

Qui scattano i berluschini, strana setta, sempre più estesa, di ADORATORI DI SILVIO i quali  dicono:

” Volgari strumentalizzazioni. Silvio non sapeva nulla del ruolo di Mangano, che fu condannato successivamente. Non sapeva e non poteva sapere con chi aveva a che fare”

Al riguardo vorrei citare una cosa che quest’estate, ad una conferenza di presentazione di un suo libro,  ha detto Giuseppe Ayala, pubblico ministero a Palermo all’epoca di Falcone e Borsellino:


“Un mafioso non nasconde mai di essere tale ( tranne che, ovviamente, alle forze dell’ordine e alla magistratura). Un mafioso riesce a “lavorare” cioè a fare il suo mestiere di mafioso solo se tutti gli altri lo conoscono e lo rispettano come uomo d’onore. Non è un caso che gli uomini d’onore siano chiamati anche uomini di rispetto”.

Insomma, se dobbiamo credere a chi di mafia se ne intende,  Silvio, con buona pace dei suoi adoratori, e SAPEVA PERFETTAMENTE CON CHI AVEVA CHE FARE ( l’alternativa è che fosse o molto ingenuo oppure cieco e sordo).

Michele Serra: “Sud, la solitudine degli onesti”

Avevo scritto tempo fa un post che trovate qui, nel quale, provocatoriamente, mi chiedevo, constatando l’isolamento, anche da parte della gente per bene, delle vittime di mafia e di camorra: “Dove sono i Casalesi onesti? E ce ne sono a Corleone e Scampia, a Secondigliano?”.

Avevo spedito questo post sotto forma di lettera a Michele Serra, la cui risposta su “Venerdì di Repubblica” non si è fatta attendere.

Eccola:

“Caro Cusumano,anche io sono rimasto colpito, meglio dire ferito, dall’intervista a Massimo Noviello [ figlio di una delle vittime della camorra, che lamentava in un’intervista a Giuseppe D’Avanzo, di sentirsi emarginato ed isolato nel suo paese come se invece di essere la vittima fosse il colpevole]

La sua solitudine assomiglia a quella di tanti.

Ma alla sua drastica domanda sono convinto di dover rispondere che sì, ci sono i casalesi onesti, e ci sono onesti a Corleone, a Scampia, a Secondigliano.

Ovunque nel nostro disastrato Mezzogiorno ci sono persone coraggiose che provano a incrinare quel blocco di omertà, bassa convenienza, conformismo. Ma queste persone, nonostante la fatica di auto-organizzarsi in associazioni antiracket, nonostante il lavoro formidabile di preti come Don Ciotti o la buona volontà di qualche preside che apre la sua scuola alla cultura dello Stato nel bel mezzo dei quartieri nelle mani della dittatura mafiosa; queste persone, dicevo, quasi sempre si sentono sole.

Ci fu una stagione, immediatamente successiva all’assassinio di Falcone e Borsellino, nella quale sembrò che l’antimafia fosse diventata un movimento di massa. Poi quella stagione finì, consumata dall’inerzia delle connivenze economiche e politiche. E la società meridionale, strutturalmente ammalata di familismo, devota ai padrinaggi, abituata alla clientela, è nuovamente sprofondata dentro il suo servilismo cos’ radicato.

Non mi piace scaricare sempre tutte le colpe sulla politica.
Ma è certo che la politica ha smesso di considerare un’emergenza l’unica vera emergenza italiana, che sono le mafie.

Nessun programma di governo, di nessun partito, ha messo al primo posto la lotta alla mafia. E di questa omissione tragica la prima vittima è stata la società meridionale: peggio, è stata quella parte dell’italia meridionale che si strugge di rabbia e di dolore per la condizione di asservimento, di ignoranza, di penoso opportunismo della sua terra.

Ho amici calabresi, da tempo immigrati ( ma sarebbe meglio dire fuggiti) al Nord, che quando tornano a casa piangono di sconforto. Amici napoletani che pur amando fino allo struggimento quella città , la maledicono. Mi domando se la classe dirigente di questo paese, che un tempo si formava anche sui testi sacri della ‘questione meridionale’, sia cosciente dello sfascio, del lento morire civile dei milioni di meridionali onesti. E devo aggiungere: la ‘questione settentrionale’, rispetto a quella vera tragedia umana che è il Mezzogiorno, mi è sempre sembrata un lusso. E un nuovo modo, tra le altre cose, per dimenticare il Sud.”