Torna in carcere Mario Chiesa, 65 anni, considerato dagli inquirenti il collettore delle tangenti nella gestione del traffico illecito di rifiuti.
Per gli investigatori era il manovratore del sistema al centro del quale c’era la Servizi ecologici Milano, la società di cui è amministratrice unica la sua seconda moglie e della quale fa parte il figlio avuto da Chiesa dalla prima moglie .
Insomma è tornato.
Come Terminator, nel film omonimo.
Questa volta,però, il suo arresto non avrà gli effetti devastanti del primo.
Il sistema delle tangenti, correndo più in fretta della classe politica, ha da un pezzo realizzato il federalismo.
Ormai gli affari sporchi non coinvolgono più di tanto i vertici nazionali dei partiti.
Le ruberie si organizzano meglio in periferia, dove sono aumentati, e di molto, i poteri degli enti locali.
E i soldi di quelle ruberie restano in periferia, nelle tasche dei mariuoli.
Chiesa 17 anni fa, quando è stato arrestato, aveva due obiettivi: arricchirsi personalmente e fare carriera come uomo politico.
Probabilmente sognava addirittura di diventare sindaco di Milano.
I soldi delle ruberie quindi non solo finivano nelle sue tasche per consentirgli di raggiungere l’obiettivo numero uno ( l’arricchimento personale) ma anche il numero due : mettersi in vista nel partito, che apprezzava ogni giorno di più i suoi contributi ( poveri dal punto di vista culturale, ma insostituibili dal punto di vista economico).
Quel sogno di grandezza adesso non c’è più.
E’ diventato più umile: gli basta rubare.
Sa di vivere in un paese in cui il rischio è minimo.
Gli è andata male.
Tra qualche mese, se andrà in onda la riforma delle intercettazioni voluta dal premier, quelli come lui non potranno più essere intercettati.
E i carabinieri in ascolto non potranno più sentirli mentre dicono quello che diceva Chiesa ai propri collaboratori: “DOBBIAMO RUBARE A MANETTA”.
Su una cosa però il mariuolo per eccellenza non ha sbagliato: le manette sono arrivate.
Sappiamo già che uscirà presto.
Siamo il paese in cui due giorni fa il presidente del Consiglio ha esaltato pubblicamente Bettino Craxi, uno dei politici più corrotti della prima Repubblica.