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FELTRI, UNA VITA DA MEDIANO. ALLA BENETTI

Ecco cosa scriveva nel 1992 Vittorio Feltri, allora direttore dell’Indipendente, a proposito degli arresti di MANI PULITE:

Ma questa è una pacchia, un godimento fisico, erotico. Quando mai siamo stati tanto vicini al sollievo? Che Dio salvi Di Pietro” (15 giugno 1992).

E quando CRAXI che lui chiamava il CINGHIALONE, riceve il primo avviso di garanzia:

Mai provvedimento giudiziario fu più popolare, più atteso, più liberatorio di questo firmato contro Craxi…

Di Pietro non si è lasciato intimidire dalle critiche, dalle minacce di mezzo mondo politico (diciamo del regime putrido di cui l’appesantito Bettino è campione suonato) e ha colpito in basso e in alto, perfino lassù dove non osano nemmeno le aquile…

Craxi ha commesso l’errore di spacciare i compagni suicidi (per la vergogna di essere stati colti con le mani nel sacco) come vittime di complotti antisocialisti.

[…] Intorno a Craxi c’è una folla di ladri, di mariuoli, di portaborse lesti di mano, e lui li scambia per fedeli servitori non suoi ma del Sacro Ideale? Andiamo: o cieco o rincoglionito o connivente o, peggio ancora, complice. Di qui non si scappa. Lo stesso Bettino, a quanto se ne sa, non si lascia mancare il superfluo.

[…] I giudici lavorano tranquilli. In assoluta serenità: sanno che i cittadini, ritrovata dignità e capacità critica, sono dalla loro parte. Come noi dell’Indipendente. Sempre ” (16 dicembre 1992).

SEMPRE , Vittorio?

Sappiamo com’è andata.

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Veronica e i servi del Re.

31 dicembre 1986 (ore 20,52)
Marcello Dell’Utri parla con Berlusconi.
B: Iniziamo male l’anno!
D
. Perché male?
B. Perché dovevano venire due di Drive In e ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori della grazia di Dio!.
D. Ah! Ma che te ne frega di Drive Inn?
B.
Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l’anno, non si scopa più!
D.
Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto!

Un mese prima : dialogo tra Fedele Confalonieri e Marcello Dell’Utri.
Parlano di Veronica
Fedele : Guarda, ha fatto una scena di gelosia stasera, che era commovente. Io mi sono commosso per Silvio!
D: (Ride)
Fedele: Davvero, ho detto: guarda che bello avere cinquant’anni ed avere ancora delle scene di gelosia!
D. Il massimo della gratificazione!

Insomma siamo nel 1986. Berlusconi, allora cinquantenne, ha da pochi anni sposato Miriam Bertolini, in arte Veronica Lario, e ne ha già avuto due filgli.
Ma, come dimostrano queste intercettazioni, il Cavaliere corre instancabilmente la cavallina.

Maggio 2009 Dopo decenni di tradimenti, Veronica decide che ne ha abbastanza e molla Silvio, nella maniera più clamorosa possibile, punendolo nel modo più pesante, cioè nella cosa a cui tiene di più, la sua immagine.
I giornali del premier si lanciano contro di lei per sbranarla.
La colpa è sua.
Ha pazientato per anni.
Perchè smettere proprio adesso?
Ragionano così i servi del re.

“Dobbiamo rubare a manetta”. E manette furono : arrestato Mario Chiesa.

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Torna in carcere  Mario Chiesa, 65 anni,  considerato dagli inquirenti il collettore delle tangenti nella gestione del traffico illecito di rifiuti.

Per gli investigatori era il manovratore del sistema al centro del quale c’era la Servizi ecologici Milano, la società di cui è amministratrice unica la sua seconda moglie e della quale fa parte il figlio avuto da Chiesa dalla prima moglie .

Insomma è tornato.
Come Terminator, nel film omonimo.

Questa volta,però, il suo arresto non avrà gli effetti devastanti del primo.

Il sistema delle tangenti, correndo più in fretta della classe politica, ha da un pezzo realizzato il federalismo.

Ormai gli affari sporchi non coinvolgono più di tanto i vertici nazionali dei partiti.

Le ruberie si organizzano meglio in periferia, dove sono aumentati, e di molto, i poteri degli enti locali.

E i soldi di quelle ruberie restano in periferia, nelle tasche dei mariuoli.

Chiesa 17 anni fa, quando è stato arrestato, aveva due obiettivi: arricchirsi personalmente e fare carriera come uomo politico.

Probabilmente sognava addirittura di diventare sindaco di Milano.

I soldi delle ruberie quindi non solo finivano nelle sue tasche per consentirgli di raggiungere l’obiettivo numero uno ( l’arricchimento personale) ma anche il numero due : mettersi in vista nel partito, che apprezzava ogni giorno di più i suoi contributi ( poveri dal punto di vista culturale, ma insostituibili dal punto di vista economico).

Quel sogno di grandezza adesso non c’è più.

E’ diventato più umile: gli basta rubare.

Sa di vivere in un paese in cui il rischio è minimo.

Gli è andata male.

Tra qualche mese, se andrà in onda la riforma delle intercettazioni voluta dal premier, quelli come lui non potranno più essere intercettati.

E i carabinieri in ascolto non potranno più sentirli mentre dicono quello che diceva Chiesa ai propri collaboratori: “DOBBIAMO RUBARE A MANETTA”.

Su una cosa però il mariuolo per eccellenza non ha sbagliato: le manette sono arrivate.

Sappiamo già che uscirà presto.

Siamo il paese in cui due giorni fa il presidente del Consiglio ha esaltato pubblicamente Bettino Craxi, uno dei politici più corrotti della prima Repubblica.

Pio Pompa cercasi

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Eppure

di  Marco Travaglio – L’Unità- 27 gennaio 2009

Andreotti tiene un archivio segreto, e fa sapere che «qualche mistero me lo porterò nella tomba».

Eppure viene celebrato da tutti i politici, o forse proprio per questo.

Cossiga ogni tanto tira fuori una rivelazione o un’allusione sulla strategia della tensione anni 70-80, lasciando intendere di sapere molto di più. Eppure nessuno gliene chiede mai conto, o forse proprio per questo.

Craxi, daHammamet, distillava fax per fulminare questo o quel politico ostile («potrei ricordarmi qualcosa di lui») e conservava dossier, «poker d’assi» e intercettazioni su colleghi emagistrati. Eppure la Casta lo beatifica ogni giorno, o forse proprio per questo.

Tre anni fa, in un ufficio di via Nazionale a Roma, fu rinvenuto l’archivio segreto di Pio Pompa, braccio destro del capo del Sismi Niccolò Pollari, con migliaia di dossier su cronisti, pm e politici sgraditi a Berlusconi, da «neutralizzare e disarticolare anche con azioni traumatiche». Pompa e Pollari sono imputati per quell’archivio illegale, eppure i governi di destra e sinistra li coprono, o forse proprio per questo.

All’ombra della Telecom di Tronchetti Provera, il capo della security Giuliano Tavaroli è imputato per aver accumulato migliaia di dossier su giornalisti, politici, imprenditori spiati illegalmente. Eppure nessuno ne parla, o forse proprio per questo.

Gioacchino Genchi lavora su intercettazioni e tabulati legalmente acquisiti da giudici in indagini su gravi reati. Eppure dicono che il delinquente è lui, o forse proprio per questo. Il problema in Italia non sono le intercettazioni illegali.

Ma quelle legali.

Mani Pulite: i bei tempi della indignazione e della speranza

Ho visto “Blu Notte” ieri sera.
La puntata della trasmissione di Lucarelli riguardava l’epoca di Mani Pulite.

Non sto qui a raccontare la trasmissione o i fatti che ne costituivano l’oggetto, che tutti ricordiamo.

Mi voglio qui soffermare su tre cose che differenziano quel periodo da questo:

1) I politici corrotti c’erano allora come oggi. Solo che allora si vergognavano e si dimettevano. Oggi una condanna per corruzione o concussione fa curriculum.

2) La legge allora, per un brevissimo periodo, fu veramente uguale per tutti. In aula, al processo Enimont, vedemmo sfilare quasi tutti i maggiori leader di questo paese, costretti a confessare le loro malefatte e ad abbandonare la politica.Oggi l’impunità è garantita ai potenti ( grazie a chi doveva lavorare per accelerare i tempi della giustizia e che invece si è accontetato di dimezzare… i tempi di prescrizione. Ma anche i comuni malfattori non se passano per niente male( e già si riparla di nuovi provvedimenti per svuotare le carceri).

3) C’erano indignazione ( per le malefatte di chi ci governava) e speranza . Adesso ci sono depressione e rassegnazione : anche perchè l’uomo nuovo che aspettavamo è arrivato.

Mani pulite: bei tempi!!!


Craxi uno statista? Parliamone…

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“Hanno messo le mani nelle tasche degli italiani” questo il martellante slogan della campagna elettorale della destra alle ultime elezioni.

Quando le premure e le attenzioni di tutti andavano, Santanchè in testa, alla drammatica situazione dei ceti deboli.

Sia in campagna elettorale sia dopo la chiusura delle urne, Silvio Berlusconi, aveva garantito “meno tasse sulla famiglia, sul lavoro, sulle imprese”.

“Vogliamo ridurre la pressione fiscale sotto il 40 per cento del Pil nei prossimi anni”, aveva detto il 2 aprile.

Ma non lo farà.

E non lo farà nei prossimi 5 anni, parliamoci chiaro

L’ha messo nero su bianco nel Dpef, il Documento di programmazione economico-finanziaria, il Super ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

Lo ha confermato il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, nella sua audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato: “La pressione fiscale rimarrebbe invariata nel quinquennio dopo la riduzione di 0,3 per cento punti di Pil attesa per il 2008 (al 43 per cento)“.

Resterà al livello già raggiunto durante il biennio in cui a guidare la politica fiscale c’era Vincenzo Visco.

Continuità, insomma, con quello che sprezzantemente era stato definito ” il vecchio galleggiamento del governo Prodi”.

Luca Ricolfi, docente di Analisi dei dati all’Università di Torino, commenta:

“Qui, nel tradimento della promessa sulle tasse, c’è anche il maggiore “scarto” tra il programma elettorale e la realtà. Mi sembra troppo sostenere che in quattro mesi c’è stata un’accelerazione della crisi tale da obbligare il nuovo governo a rimangiarsi tutto. In ogni caso qualcuno dovrebbe assumersi la responsabilità di spiegare perché ha cambiato idea”.

L’Italia è smarrita perché vive una condizione sociale drammatica, tanto dura quanto non la si conosceva da anni.

Un’emergenza non più rinviabile: altro che lodo Alfano e norme salvapremier, l’Italia ha bisogno di ripartire sul piano economico. crollano, insieme con il potere d’acquisto, i consumi e, di conseguenza, i profitti delle imprese, in una spirale di concatenazioni reciproche di cui è difficile prevedere gli esiti.

Ma il governo sembra in tutt’altre faccende affaccendato. Crolla la produzione industriale e il governo risponde aumentando le tasse e diminuendo gli investimenti., oltre che con tagli a sicurezza (altra grande promessa mancata!, inutile inasprire le pene se poi si sottraggono risorse alle forze dell’ordine) , scuola e sanità.

Senza dimenticare che la tanto decantata Robin Hood tax voluta da Tremonti si è rivelata una presa in giro sia perchè il 70% del ricavato resterà allo stato ( diversamente da quanto annunciato in prima battuta) sia perchè il restante 30% servirà a finanziare un’invenzione parecchio discutibile: la “social card” per i più poveri, una specie di tesserino per avere riduzioni di prezzo su generi alimentari e servizi.L’avesse fatta il Governo Prodi questa iniziativa, l’opposizione di destra l’avrebbe definita una mancia, un sollievo quantificabile in una tazzina di caffè al giorno,un’elemosina, un atto di carità pelosa, la fanno loro e spunta fuori Robin Hood!, lode al ministro immaginifico).

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Sulla partita delle tasse Veltroni sembra fermamente intenzionato a incentrare una volontà di opposizione sicuramente più sostanziosa e utile per il Paese di quella impostata sulla giustizia da parte del suo “alleato” Di Pietro.

La speranza è che non continui all’infinito questo assurdo ed inquietante balletto chi sta al Governo dice che le tasse non si possono abbassare, chi sta all’opposizione dice il contrario, poi, a cambio della guardia avvenuto, i ruoli si invertono.

Occorre una svolta.

Una riduzione drastica della spesa pubblica ( ma tagliando gli sprechi, il personale in sovrannumero, gli enti inutili, le province, non i servizi essenziali) una maxivendita di beni demaniali, insomma una gigantesca manovra alla fine della quale questo Stato di trovi gravato in maniera meno pesante dall’attuale macigno del debito pubblico.

E dire che negli anni 80, in cui le cose andavano così bene, e si poteva ridurre a livelli accettabili il debito pubblico, una politica irresponsabile ed euforica lo ha portato fuori controllo, trascinandolo negli anni dei Governi Craxi dal 72% al 93%

Oggi si cerca di riabilitare Bettino Craxi. come uomo e come statista.

Come statista lasciamo perdere.

Come uomo …parce sepulto.

Quando Bossi e Fini tifavano per i giudici ( cronache del secolo scorso)

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Sui giudici il Centro Destra, attraverso suoi autorevoli esponenti si è pronunciato così:

Siamo nel 1993,il tema del giorno è l’ abolizione dell’ immunità parlamentare (versione estesa, se si vuole, dell’ attuale lodo Schifani).
L’ ordine non parte dalle “toghe rosse”.
A chiedere la cancellazione dello scudo anti-pm, all’ indomani del rigetto delle autorizzazioni a procedere per Craxi, sono due mozioni: una firmata da Bossi, Maroni e Castelli, l’ altra da Fini, Gasparri e La Russa.
Fini dice:” l’ immunità parlamentare è un privilegio medievale, va abolito».
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E la protezione per le alte cariche dello Stato?
«Se il ministro De Lorenzo – sentenzia Fini – fosse stato un cittadino qualsiasi, oggi sarebbe in galera».
I tre missini nella loro mozione argomentavano che «l’ uso dell’ immunità» è visto dai cittadini «come uno strumento per sottrarsi al corso necessario della giustizia».
Altri tempi.
Oggi Fini forse non riscriverebbe quella lettera indignata a Francesco Saverio Borrelli, per protestare contro il no della Camera all’ autorizzazione a procedere per Bettino:
«Lo sdegno e l’ amarezza che pervadono la Nazione di fronte allo scandaloso verdetto di autoassoluzione che il regime si è confezionato sono da noi interamente condivisi».
Superando «l’ inammissibile scudo dell’ immunità parlamentare», aggiungeva Fini, i giudici andavano messi nelle condizioni di «svolgere sino in fondo la loro funzione». (Ansa, 30 aprile 1993).
Beh, che dire? Fini ci piace ricordarlo così, com’era quando pensava con la sua testa.

Non che i leghisti ci andassero più leggeri, anzi.

Castelli oggi sostiene che occorre andare oltre il Lodo Schifani ed estendere l’ immunità a tutti, perché «bisogna occuparsi anche dei poveri ministri, come me, che oggi sono sotto minaccia dell’ autorità giudiziaria».
Nel ’93 tuttavia il principio non vale per Craxi e gli altri «poveri ministri» della prima Repubblica. Salutando l’ abolizione dell’ immunità parlamentare, la Lega Nord si augura che ai pm venga consentita anche «la possibilità di sostanziare le proprie indagini attraverso quei riscontri ottenibili solamente mediante perquisizioni domiciliari e intercettazioni telefoniche».

E quindi, conclude il comunicato di via Bellerio, «auspichiamo una maggiore decisione nell’ abolizione di privilegi che non trovano oggigiorno altra giustificazione se non un corporativo interesse di casta». (Ansa, 29 ottobre 1993).

Anche Castelli e Bossi ci piace ricordarli così, com’erano prima che ragioni di opportunismo politico convertissero i loro neuroni.

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P.S. Anche i miei neuroni danno qualche problema: per motivi che non riesco a spiegarmi questo articolo esce arricchito da alcune foto tratte dal Film “La banda degli onesti”.

Grandi Totò e Peppino.

Che nostalgia per loro. Oggi abbiamo Umberto e Gianfranco.