Archivi tag: cultura

Italia 2008, parte la caccia al poveraccio.

Trascrivo, condividendolo totalmente, un editoriale di Curzio Maltese su Repubblica di oggi

A Parma, nella civile Parma, la polizia municipale ha massacrato di botte un giovane ghanese, Emmanuel Bonsu Foster, e ha scritto sulla sua pratica la spiegazione: “negro”.

Davano la caccia agli spacciatori e hanno trovato Emmanuel, che non è uno spacciatore, è uno studente.

Anzi è uno studente che gli spacciatori li combatte.

Stava cominciando a lavorare come volontario in un centro di recupero dei tossici.

Ma è bastato che avesse la pelle nera per scatenare il sadismo dei vigili, calci, pugni, sputi al “negro”.

Parma è la stessa città dove qualche settimana fa era stata maltrattata, rinchiusa e fotografata come un animale una prostituta africana.

L’ultimo caso di inedito razzismo all’italiana pone due questioni, una limitata e urgente, l’altra più generale.

La prima è che non si possono dare troppi poteri ai sindaci.

Il decreto Maroni è stato in questo senso una vera sciagura. La classe politica nazionale italiana è mediocre, ma spesso il ceto politico locale è, se possibile, ancora peggio. Delegare ai sindaci una parte di poteri, ha significato in questi mesi assistere a un delirio di norme incivili, al grido di “tolleranza zero”. In provincia come nelle metropoli, nella Treviso o nella Verona degli sceriffi leghisti, come nella Roma di Alemanno e nella Milano della Moratti.

A Parma il sindaco Pietro Vignali, una vittima della cattiva televisione, ha firmato ordinanze contro chiunque, prostitute e clienti, accattoni e fumatori (all’aperto!), ragazzi colpevoli di festeggiare per strada. Si è insomma segnalato, nel suo piccolo, nel grande sport nazionale: la caccia al povero cristo. Sarà il caso di ricordare a questi sceriffi che nella classifica dei problemi delle città italiane la sicurezza legata all’immigrazione non figura neppure nei primi dieci posti. I problemi delle metropoli italiane, confrontate al resto d’Europa, sono l’inquinamento, gli abusi edilizi, le buche nelle strade, la pessima qualità dei servizi, il conseguente e drammatico crollo di presenze turistiche eccetera eccetera. Oltre naturalmente alla penetrazione dell’economia mafiosa, da Palermo ad Aosta, passando per l’Emilia.

I sindaci incompetenti non sanno offrire risposte e quindi si concentrano sui “negri”. Nella speranza, purtroppo fondata, di raccogliere con meno fatica più consensi. Di questo passo, creeranno loro stessi l’emergenza che fingono di voler risolvere.

Provocazioni e violenze continue non possono che evocare una reazione altrettanto intollerante da parte delle comunità di migranti. Al funerale di Abdoul, il ragazzo ucciso a Cernusco sul Naviglio non c’erano italiani per testimoniare solidarietà. A parte un grande artista di teatro, Pippo Del Bono, che ha filmato la rabbia plumbea di amici e parenti. La guerra agli immigrati è una delle tante guerre tragiche e idiote che non avremmo voluto. Ma una volta dichiarata, bisogna aspettarsi una reazione del “nemico”.

L’altra questione è più generale, è il clima culturale in cui sta scivolando il Paese, senza quasi accorgersene.

Nel momento stesso in cui si riscrive la storia delle leggi razziali, nell’urgenza di rivalutare il fascismo, si testimonia quanto il razzismo sia una malapianta nostrana. L’Italia è l’unica nazione civile in cui nei titoli di giornali si usa ancora specificare la provenienza soltanto per i delinquenti stranieri: rapinatore slavo, spacciatore marocchino, violentatore rumeno. Poiché oltre il novanta per cento degli stupri, per fare un esempio, sono compiuti da italiani, diventa difficile credere a una forzatura dovuta all’emergenza. L’altra sera, da Vespa, tutti gli ospiti italiani cercavano di convincere il testimone del delitto di Perugia che “nessuno ce l’aveva con lui perché era negro”. Negro? Si può ascoltare questo termine per tutta la sera da una tv pubblica occidentale? Non lo eravamo e stiamo diventando un paese razzista. Così almeno gli italiani vengono ormai percepiti all’estero.

Forse non è vero. Forse la caccia allo straniero è soltanto un effetto collaterale dell’immensa paura che gli italiani povano da vent’anni davanti al fenomeno della globalizzazione. La paura e, perché no?, la vergogna si sentirsi inadeguati di fronte ai grandi cambiamenti, che si traduce nel più facile e abietto dei sentimenti, l’odio per il diverso. La nostalgia ridicola di un passato dove eravamo tutti italiani e potevamo quindi odiarci fra di noi. In questo clima culturale miserabile perfino un sindaco di provincia o un vigile di periferia si sentono depositari di un potere di vita o di morte su un “negro”.

Curzio Maltese

“Un’aura che incanta ed ammalia..” Il fascino irresistibile di Bruce Chatwin

E’ morto giovane, ma non così giovane come credono in molti. In fondo ha vissuto più di  coloro che avevano esercitato un influsso su di lui: Robert Louis Stevenson, T.E. Lawrence, Anton Checov, Robert Byron, Arthur Rimbaud.Se fosse vissuto più a lungo è allettante immaginarlo come una specie di di Andrè Malraux. Forse sarebbe stato simile alla descrizione che lo stesso Chatwin fece di Klaus Kinski: “un adolescente di sessant’anni, tutto vestito di bianco, con una criniera di capelli gialli”

Questo scrive Nicholas Shakespeare,autore di una monumentale biografia di Chatwin (“Chatwin”-Baldini e Castoldi).

Il libro è documentatissimo e pieno di informazioni e annedoti interessanti.

Ne emerge la figura di uno scrittore importante e singolare, di grandissimo talento, ma soprattutto di un uomo dal fascino incredibile, fuori del consueto.

Ecco alcune delle testimonianze che ho tratto da questo libro.

Susan Sontag, scrittrice:

Ci sono poche persone al mondo con una presenza che incanta ed ammalia.Se non ci si è preparati è come un pugno allo stomaco, il cuore manca in colpo. Non si tratta solo di bellezza, è un’aura che incanta ed ammalia, una luce negli occhi. E funziona con entrambi i sessi.

Shirley Conran, amica di Bruce Chatwin
Erano in tanti ad essere innamorati di Bruce e mi dispiace per loro.Tutti noi abbiamo amato delle persone e le abbiamo lasciate, ma quando Bruce passava all’amore successivo aveva la capacità di lasciarle con una tale sensazione di vuoto che credo non si siano mai riprese.Nello spazio di un pomeriggio entrava ed usciva dalla vita di una persona che sarebbe rimasta abbacinata per tutta la vita.

Colin Thubron
“La sua energia, il suo entusiasmo, la sua passione erano incredibili. Era comunicativo, ampliava gli orizzonti; avevi sempre l’impressione che disponesse della chiave per tutte le cose”

Salman Rushdie,scrittore:

“Era così individuale, così fortemente se stesso. Quando l’io è così sfaccettato come quello di Bruce, molta gente arriccia il naso: è quello che si paga per il fatto di valere qualcosa in quello che si fa. E di essere una persona interessante. Tra i miei contemporanei Bruce aveva la mente più colta e probabilmente più brillante in cui mi sia mai imbattuto.”

Gregor von Rezzori , scrittore, che ebbe modo di averlo spesso ospite in Italia, lo definiva il “ragazzo d’oro”:
“Bruce arrivò a casa mia con una 2CV bianca sul cui tetto aveva legato una tavola da surf.Aveva una testa da adolescente, netta nei contorni come una moneta appena coniata. Moneta stabile. Luminoso come il sole. Il sorriso pronto sempre leggermente di traverso. Sopra, lo sguardo penetrante. Negli occhi azzurri come il mare( che un tempo si erano accecati su troppe opere d’arte ) una inestinguibile curiosità. Nessuno avrebbe pensato che questo giovane tardivo sarebbe stato capace di scrivere qualcosa di più del suo nome. E invece era fulgido di promesse. Gli andai incontro e pensai che non ero mai stato come lui..così tutto di un pezzo.Era un ospite nato, ci arricchiva con i suoi annedoti e la sua presenza, come dovrebbero fare tutti gli scrittori
Chatvwin era talmente sicuro della sua capacità seduttiva da pensare di essere il benvenuto ovunque, anche quando capitava all’improvviso.
Di lui una conoscente argentina, evidentemente immune al suo fascino, dice che era arrogante, molto sicuro di sè e che, pur non conoscendo lo spagnolo, non faceva nulla per farsi capire.
Bruce viaggiava con un piccolo zaino nel quale teneva pochissimi indumenti ed i suoi famosi taccuini Mouleskine.
Era solito chiedere a perfette sconosciute, sempre contando sul suo fascino, ospitalità e servizi di lavanderia.Riceveva a volte comprensibili e sdegnati rifiuti.
Di una signora che si era rifiutata di ospitarlo scrive inviperito alla moglie Elisabeth.” Crede che sia solo un fannullone in cerca di un letto. Spero che anneghi”

Il paese dei soprassalti emotivi : caos rifiuti, morti sul lavoro, moratoria sull’aborto.

Cresce il disagio di vivere in questo paese.Alle inquietitudini di sempre sulle cose che non vanno, si aggiungono in questi giorni quelle legate a tre vicende, lontanissime tra loro, ma anche legate da un filo comune.

La prima è la polemica sulla moratoria dell’aborto.

Nasce come una crociata ideologica, ma Il problema della bassa natalità, che oggettivamente esiste, va affrontato non con i sermoni, ma in maniera concreta con interventi seri per sostenere le famiglie e superare il diffondersi del precariato.

Se il famoso giornalista che oggi s’indigna per l’aborto avesse condotto in passato battaglie di questo tipo ( ma sarebbe in tempo a farlo anche oggi!) , oggi risulterebbe più credibile.

La seconda questione è il caos rifiuti in Campania.

Anche qui molti di quelli che strepitano per le proteste legate a questo scempio sarebbero più credibili, se avessero agito per tempo, assumendosi le loro responsabilità e individuando delle soluzioni.

La terza è quella dei morti sul lavoro, esplosa con i fatti di Torino, ma mai affrontata con la dovuta serietà e il dovuto dispiegamento di forze delle autorità di controllo.

Eccolo il filo che lega le tre vicende: il nostro è un paese che ormai affronta le questioni serie solo per poco tempo e sempre sull’onda di soprassalti emotivi.

Finiti quelli, finito tutto.

Flickr image



“Tu prendi una donna e trattala male” (sentita al caffè)

paperino
Uomo con berretto da baseball: Come vanno le cose?
Donna con sciarpa arancione : Benissimo!
Uomo con berretto da baseball: Allora non stai più con quel bastardo?
Donna con sciarpa arancione : Infatti.
Uomo con berretto da baseball: Non mi dire che sei libera!
Donna con sciarpa arancione : Che dici? Lo sai che da sola non ci so stare…
Uomo con berretto da baseball: E com’è il fortunato?
Donna con sciarpa arancione : E’ senz’altro l’uomo della mia vita.
Uomo con berretto da baseball: Posso ricordarti che dicevi così anche dell’uomo che hai denunciato per maltrattamenti?

paperina

La casa di Neruda

sebastianaHPIM1314

Sistemo le foto fatte nel corso dei miei viaggi e mi capitano tra le mani quelle fatte a Valaparaiso qualche anno fa.

Città “accesa, spumeggiante, dissoluta” dal “luccichio magnetico”, diceva Neruda.

A me, molto più banalmente, Valparaiso è sembrata soprattutto la città delle scale.

Dritte, storte, larghe, strette, brevi e lunghissime, coprono la città come un manto di rughe sul corpo di una vecchia signora.

Assomiglia a certe nostre città del sud: vecchi palazzi del primo Novecento assediati da abitazioni più recenti e ordinarie, una quantità incredibile di negozietti di alimentari, di frutta e verdure, di ferramenta, di vestiti, che fronteggiano ostinatamente la concorrenza dei rutilanti supermercati della periferia.

Traffico spedito e caotico, giardinetti con le palme, in qualche angolo ricorda Trapani.

Indimenticabile, invece, e folgorante, la casa di Neruda, “la Sebastiana”.

sebastianaHPIM1323
Cinque piani, due stanze per piano.

In ogni stanza grandi finestre che guardano l’oceano: sembrano quadri dai colori teneri e violenti

.

vis_lav

Dappertutto , un po’ come nelle poesie di don Pablo,nelle quali affiorano continuamente immagini insolite e colorite, oggetti sorprendenti e bizzarri: vecchie polene, binocoli, antichi forzieri di legno, bussole, grandi conchiglie.

Ovunque si sente l’impronta di un poeta non abituato ad appaltare all’Ikea la definizione del proprio habitat.

 

 

 

Piccolo gioco natalizio per appassionati di lettura

Borges dice che ogni opera narrativa racconta sempre una di queste quattro storie: una ricerca, un viaggio, il sacrificio di un dio, una città sotto assedio.
Alcuni esempi?
L’isola del Tesoro? C’è il viaggio, c’è la ricerca, c’è perfino, nell’isola, il vecchio fortino nel quale stanno asserragliati prima i gentiluomini e poi i pirati.
I promessi sposi? C’è il viaggio e c’è la ricerca: Renzo e Lucia fuggono dal paesello e passano gran parte del romanzo a cercarsi.
L’Iliade? Facile, c’è la città sotto assedio.
L’Odissea? Tutto il poema parla della ricerca della strada di casa.
I Vangeli? Semplice! Il sacrificio di un dio.
Il giochino può andare avanti all’infinito.
Non si scappa, Borges aveva proprio ragione, o c’è un ingrediente o c’è l’altro, o più di uno insieme.
Provate a pensarci.
A voi la palla.
Intanto, Buon Natale