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“Per battere la mafia non si può essere moderati”

Il Generale Dalla Chiesa – ricorda Gian Carlo Caselli – nel 1982 disse che lo Stato non si occupava abbastanza della mafia, e che la mafia era insediata nella maggior parte delle città italiane.

Possiamo dire che sia cambiato qualcosa in questi 26 anni?

Possiamo affermare che lo Stato abbia lanciato un messaggio univoco e inequivocabile, di condanna decisa alla criminalità organizzata?

Lo ha detto bene Nando Dalla Chiesa;  per combattere un fenomeno radicale come la mafia, non si può essere moderati, bisogna essere radicali.
Rinunciare al Sistema è rischioso, ci sono in ballo consenso, voti, quattrini.
Ma è anche vero che è proprio qui che viene fuori la qualità degli uomini delle istituzioni, è qui che si vede chi è disposto  a perdere un pezzo o un elemento del proprio partito in nome della propria dignità e della credibilità politica del paese.

E’ vero ciò che ha detto Francesco Forgione: bisogna smettere di dire, in maniera generica e quasi rituale, che c’è bisogno di più Stato.Lo Stato, fino ad oggi,  è stato presente spesso nella forma della doppiezza mafiosa e delle repressioni.
Ora c’è bisogno, piuttosto, di consapevolezza sociale, di valori, principi e diritti in una democrazia condivisa e includente.

C’è bisogno di una cultura alternativa, come quella che voleva diffondere Peppino Impastato.

C’è bisogno di combattere Cosa Nostra con il suo esatto opposto: la Res Publica.

Giulia Cusumano

– vedi testo integrale in Articolo 21