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ECCO LE Foto delle Prime pagine dei quotidiani di oggi di oggi (20 giugno). Tutti i giornali parlano dell’imbarazzo di Berlusconi, Il Giornale continua ad …attaccare D’Alema.

ECCO LE Foto delle Prime pagine dei quotidiani di oggi  di oggi (20 giugno).

Tutti i giornali parlano dell’imbarazzo di Berlusconi, Il Giornale continua ad …attaccare D’Alema

Corriere“Berlusconi e le accuse di Bari: risponderò colpo su colpo”.

20 corriere

Repubblica:“Feste e ragazze, accuse a Berlusconi”

repubblica

Il Messaggero: messaggero “Caso Bari, l’ira di Berlusconi”

Il Manifesto:” Non gliela danno

manifesto 20

Ed ecco l’ineffabile Giornale ( che fu di Montanelli e adesso fa capo a Giordano): “D’Alema firma il complotto contro Berlusconi”

giornale attacca d'alema

Il ruolo dell’opposizione? Ritirarsi in buon ordine.

giordano3Il Giornale che fu di Montanelli e adesso è il Giornale dei Famigli scrive stamatttina del nuovo segretario del PD:

Anche il neo segretario del Pd Dario Franceschini lancia il suo «new deal». E alla sua prima uscita pubblica svela le «novità»: anti berlusconismo, sempre e comunque. Insomma, la sua strategia è molto semplice: copiare Antonio Di Pietro.

Fino a qualche tempo fa si diceva che l’opposizione deve giocare il suo ruolo e che questa è una opportunità, oltre ad essere il segno distintivo di una democrazia.

Il Giornale dei Famigli da un bel po’ di tempo di tempo a questa parte, invece, è arrivato ad una posizione molto più avanzata: chi fa l’opposizione non può opporsi.

Su questa posizione si va ad appiattire un numero sempre più alto di commentatori politici.

Perchè, come diceva Longanesi, non manca la libertà, mancano gli uomini liberi.

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Sbatti il mostro Beppino Englaro in prima pagina.

englaro2Sulla vicenda Englaro la si può pensare come si vuole. Per fortuna siamo ancora in un paese libero.

E’ legittimo appoggiare la causa di Beppino Englaro, come anche contrastrarla. utilizzando le argomentazioni che si ritiene più opportune.

Ma c’è una cosa che mi turba e mi sembra francamente stomachevole, soprattutto quando proviene da chi si proclami cristiano: l’accusa, che più o meno esplicitamente, alcuni commentatori lanciano contro il povero Beppino Englaro di volere condannare a morte la figlia.

C’è modo di esprimersi più rozzo, incivile, rivoltante di questo?

In testa a tutti il Giornale ( che fu di Montanelli e oggi è di Giordano). Ecco uno stralcio: Tutti in fila per spegnere una vita ….sembra tornata di moda la corsa a dare la morte: e quindi Torino, e quindi Novara, e quindi Udine-bis, e quindi – chissà, magari, un domani, Napoli – e chissà mai chi altro si candiderà.

Per non parlare del Foglio che parla di “strutture pubbliche dove si sopprimono i disabili gravi a richiesta di giudici ideologicamente attrezzati a emettere sentenze di morte“.

Questa mancanza di rispetto nei confronti di Beppino Englaro nasce non solo da furore ideologico, ma anche dal fastidio inconfessabile ( nessuno osa infatti esplicitarlo) per la scelta di grande rigore morale fatta da quest’uomo.

Non faceva meglio, si chiedono- molto privatamente- questi soloni, a fare quello che fanno tutti?

Non era meglio trovare un medico disponibile in tutta riservatezza evitando di coinvolgere un intero paese in una scelta così drammatica?

Insomma perchè non risolvere la questione come si fa sempre in questo paese?

Cioè all’italiana?

Incredibile a Ballarò: in una giornata in cui succede di tutto il problema è ancora la leadership di Veltroni.

veltroni-1Ero contento del ritorno di Ballarò dopo la pausa natalizia.

Pensavo: stasera ci sono tanti argomenti succosi da trattare: il blitz di Maroni sulla tassa agli immigrati,  che in maniera plateale smentisce il premier che si era espresso in maniera diametralmente opposta, la censura di Fini al governo per la scelta della fiducia, l’avvio ufficiale della compagnia privata di bandierina (di cui è stata garantita, a tempo, l’italianità, in attesa di proclamarne, a breve e a spese nostre, la “francesità”).

Insomma, solo a voler toccare i temi di attualità, come dovrebbe fare ogni onesta trasmissione di approfondimento, ce ne era di carne da mettere al fuoco.

Invece di che si parla? Della crisi del partito democratico.

Forse l’esca l’ha fornita il povero Veltroni, presentatosi dopo tanto tempo in trasmissione .

Impossibile, giornalisticamente, non approfittare della sua presenza per fare al segretario alcune domande su quella specie di via crucis che è diventato il suo compito.

Impossibile non commentare con lui il sondaggio shock di Ipsos che attribuisce il 25% al Pd nelle intenzioni di voto ( con il 9,5 a Di Pietro e l’11,5 alla lega, con il Pdl al 38).

Ma che della crisi del Pd si parlasse per tutta la trasmissione, mettendo il povero Veltroni al centro del bersaglio,  proprio non me l’aspettavo.

Veltroni si è difeso bene, ma era allibito.

Ad un certo punto ha anche detto: “Spero che poi parleremo anche dei grossi problemi del paese”.

Pia illusione, il martellamento è durato sino alla fine.

Una nota di chiusura la voglio dedicare all’ineffabile Belpietro, che si spaccia per giornalista libero in ogni occasione, mentre è semplicemente un addetto alle relazioni esterne del Partito Azienda.

Con il suo sorrisetto di superiorità e di compatimento stampato in viso,  l’addetto alle relazioni esterne del Partito Azienda ha cercato di infierire su Veltroni, predicendo la sua inevitabile caduta di qui a qualche mese, quando ci sarà l’inevitabile redde rationem delle elezioni europee.

Mi è piaciuta la risposta di Veltroni, articolata in due punti:

– è vero che c’è un dibattito squassante nel nostro partito  ma come mai non ci si preoccupa delle tensioni interne della maggioranza che oggi esplodono in maniera così devastante?

– preferisco appartenere ad un partito in cui esiste il confronto piuttosto che al partito delle adunate oceaniche in cui parla solo il Capo e non ci si arriva mai a contare nei congressi.

Belpietro, che contende a Mario Giordano la palma di Primo Maggiordomo alla reggia di Arcore ha continuato a sorridere, come avrebbe scritto Hemingway, “con pietà ed ironia”.

Non si fa curare la paresi, ho saputo, perchè la considera uno strumento professionale.

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Fermate Camilleri: vergognosa campagna de IL GIORNALE contro lo scrittore.

camilleriDice oggi Andrea Camilleri che l’affermazione di Berlusconi su «Murdoch amico dei comunisti contiene due errori in uno. Comunisti in circolazione non se ne vedono e Murdoch, se mai è stato amico di qualcuno,
è stato amico suo».

Come si vede l’ormai ultraottuagenario scrittore ragiona benissimo e, come al solito, in maniera assai arguta.

Ha un grosso difetto, però.

Un difetto grosso come una casa.

Non gli piace Berlusconi.

Un diritto, direte voi, mica è obbligatorio condividere e amare il proprio Presidente del Consiglio.

Invece sembra che sia così  per i giornalisti del Giornale ( quelli che si irritano se li si chiama stipendiati da Berlusconi, quelli che però, guarda caso, sono sempre d’accordo con lui e lo coprono sempre anche quando dice le cose più incredibili o fa le battute più deliranti).

Da tempo, infatti, l’house organ berlusconiano ( si irritano anche quando si dice questa banale verità) ha preso di mira il prolifico scrittore, reo di occuparsi, oltre che delle avventure di Montalbano, anche delle disavventure che questo paese è costretto a subire grazie al malgoverno del Caimano:

Ecco fino a dove arriva il livore di Michele Brambilla, una delle firme di punta del Giornale che fu di Montanelli e che adesso è di Mario Giordano ( sic transit gloria mundi, direbbero quelli che sanno il latino):

L’ultimo Camilleri è imbarazzante, ma nessuno ha il coraggio di dirglielo. Non ce l’hanno all’Unità, dove mette in fila banalità e gaffe quotidiane [..] non ce l’hanno quelli del Pd che avrebbero interesse a farlo tacere, piuttosto che a farlo giocare contro il governo al quale offre assist e autogol tipo «la Gelmini non è un essere umano»; e non ce l’hanno soprattutto a Micro-Mega, dove l’ottantatreenne scrittore si presenta con in mano, ahimè, non più opere di narrativa, ma poesie.

Forse credendo inesauribile la sua capacità di rinnovarsi, Camilleri deve aver pensato che dopo lo sceneggiatore, il regista e il romanziere, potesse nascere anche il poeta.

Ma questi scritti ultimi, chiamati Poesie incivili, finiranno con il fare un effetto ancora più patetico di un centravanti che si ostina a giocare dopo i 35 anni, o di un pugile che risale sul ring a quaranta.

Nessun commento: auguriamo solo a Michele Brambilla ( Michele chi? direbbe Siciliano) di arrivare ad 82 anni con la lucidità e freschezza intellettuali di Camilleri, cioè ad un livello dal quale adesso sembra disperatamente lontano.

Silvio vorrebbe ringraziare Walter per Alitalia, ma …è bloccato dalla sciatica!

Cominciano a filtrare le prime informazioni sull’epilogo della vicenda Alitalia.

Rientrato dagli Stati Uniti, dove era andato per presentare la pubblicazione in inglese di un suo romanzo,  Veltroni cerca di dare una mano alla soluzione della vicenda.

Ha buon ascendente su Epifani ( almeno questo è quanto l’opposizione continua a rinfacciargli, come se avere un buon rapporto con Epifani fosse disdicevole quanto avere in casa …uno stalliere mafioso!) e un ottimo rapporto con Colaninno.

Dal momento che Colaninno ha dichiarato in lungo e in largo che non ha nessuna intenzione di riprendere in mano Alitalia senza la firma della Cgil, Veltroni decide di convocare sia l’industriale che il sindacalista. E, per mantenere riservato l’incontro, convoca i due a casa sua all’ora del tè.

Ma lo fa lealmente. Avverte Bonanni e Angeletti. E, soprattutto, avverte il grande tessitore della vicenda Alitalia, cioè Gianni Letta.

L’incontro ha successo e si trova una quadra per chiudere l’accordo.

Nelle ore immediatamente precedenti la firma vera e propria, avvenuta ieri, Veltroni è vittima di un fuoco di sbarramento di invettive e sarcasmi.

Stamattina Mario Giordano, il direttore del giornale di famiglia di Berlusconi esegue gli ordini di scuderia e tratta Veltroni come un megalomane, una specie di mosca cocchiera  pronta ad accaparrarsi i meriti altrui, dopo aver giocato a lungo al tanto peggio tanto meglio.

La vicenda ha dell’incredibile per questi motivi:

1) le accuse provengono da chi, quando si profilava la soluzione Air France, oggi con il senno di poi considerata di gran lunga la migliore possibile, la sabotò cinicamente e deliberatamente ( sfruttando un assist dei sindacati) per calocolo elettorale.

2) Quando Epifani veniva considerato il principale ostacolo alla chiusura dell’accordo, Veltroni veniva accusato di coprire e appoggiare il segretario della Cgil. Non appena esce allo scoperto per esercitare su di lui e su Colaninno un’azione di moral suasion, viene aggredito e deriso.

Berlusconi poteva mostrarsi un uomo di stato: chiedere esplicitamente, come si usa fare in momenti drammatici ( perfino Bush insegna) la collaborazione dell’opposizione e, una volta risolto il problema, ringraziare chi aveva dato una mano.

Peccato che non sia un uomo di stato, ma un piccolo politicante innamorato di se stesso ( ma forse è tutto livore antiberlusconiano il mio; magari voleva ringraziare, ma non ce l’ha fatta per via …dell’attacco di sciatica che lo ha colpito in questi giorni)

I “servi felici” del Berlusca ( quando l’adulazione non teme il ridicolo)

Rushmore_icona.JPGLeggo sull’Unità di oggi quello che scrive Marco Travaglio sui famigli del premier, cioè sui giornalisti che non sanno trattenersi dall’incensarlo e dal magnificarne la bella e cara persona ad ogni piè sospinto e ad ogni stormir di fronda.

Mussolini una volta, leggendo in una cronaca di un suo viaggio a Catania una frase di incredibile piaggeria( “Perfino l’Etna si sentiva intimidito al Suo Cospetto” ) si arrabbiò con il cronista che, adulandolo in quel modo, era solo riuscito a renderlo ridicolo.

Mi chiedo che riflessioni fa in questi giorni Silvio leggendo le stupidaggini che scrivono su di lui quelli che Marco Travaglio definisce i suoi “servi felici”.

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Ora d’aria
l’Unità, 30 luglio 2008

Quando Il Giornale era una cosa seria, cioè quando lo dirigeva Montanelli, vi era severamente vietato criticare la Rai per evitare che qualcuno potesse pensare che la critica era un favore all’editore Berlusconi, proprietario della Fininvest.

Me lo raccontò Giovanni Arpino.

Poi, nei primi anni 90, perché fosse ancor più chiaro chi comandava al Giornale tra lui e l’editore, il vecchio Indro ingaggiò come critico televisivo Sergio Saviane, che non perdeva occasione di spernacchiare il Berlusca e il suo mondo.

Sono trascorsi appena 15 anni, ma non sono stati vani: siamo nell’èra dei servi felici, abbiamo abolito il pudore e perduto il senso della vergogna. Basta leggere, sul fu Giornale, le cronache al seguito del Cavalier Padrone.

Passa il lodo Alfano, titolo a tutta prima pagina: “Sia lodo, fine della guerra”. Segue commento non firmato, dunque attribuibile al direttore, Mario Appelius Giordano: “La bella estate di Silvio”. Fior da fiore: “Adesso non ci sono più nuvole. Le foto di Villa Certosa immortalano un momento di serenità privata: per il compleanno della moglie Veronica, Berlusconi ha radunato tutta la famiglia in Sardegna. Ci sono i figli, i nipotini, i giochi, le gite in barca, piccoli scampoli di ordinario lusso e straordinaria felicità… Quest’immagine di serenità privata diventa segno e simbolo della serenità politica… Napoli è stata ripulita dai rifiuti… la Finanziaria sta per essere approvata… l’immunità per le alte cariche, come ciliegina sulla torta (di compleanno) mette finalmente il governo al riparo dall’assalto giustizialista… Ronaldinho al Milan? Toh, è arrivato pure quello. E allora, mano nella mano con Veronica, non resta che gustarsi un po’ di relax come si conviene.

E’ la bella estate di Silvio, non c’è niente da fare… La sinistra allo sbando deve rassegnarsi: nel centrodestra non è più tempo di Casini (battuta, ndr). Questo è il tempo della fedeltà e della serenità, come testimoniano le foto con Veronica e la pace con Bossi…”.

Era dai tempi dei dispacci della Stefani sulle virili vacanze del Duce e donna Rachele a Rocca delle Caminate, che non si leggeva niente del genere. Un’intera pagina fotografica gentilmente offerta da “Chi” (altro house organ della ditta) ritrae il ducetto “rilassato e innamorato” con le sue “tinte turchesi” nella “nuova Camp David” di Villa Certosa, là dove solo un anno fa pascolavano sulle sue ginocchia cinque prosperose ragazze, subito trasformate in altrettante “attiviste di Forza Italia” impegnate in un simposio di alta politica. Quest’anno invece la Veronica ha piantato le tende alle costole dell’esuberante consorte e non lo molla un istante (le ampie maniche delle rispettive camicie nascondono le manette ai polsi dei due coniugi).

Nemmeno quando lui tenta la fuga a Portofino, in una delle tante ville. Anche qui, stuolo di fotografi al seguito e cronista da riporto del Giornale: un tale Vincenzo La Manna, che dev’essere giovanissimo, ma ha già capito come gira il mondo.

Il suo paginone di lunedì sul Giornale, dal sobrio titolo “Love in Portofino”, è un piccolo capolavoro: “In camicia blu scuro e pantaloni abbinati, Berlusconi si presenta poco dopo le 9 di sera, sorridente, al centro della splendida località marina. E con la mano sempre intrecciata a quella della moglie, raggiunge il porticciolo. Per dirigersi, guardato a vista dalle guardie del corpo in tenuta estiva (ecco: niente plaid, cuffie di lana, pelli di foca o cose del genere, ndr) verso lo yacht ‘Besame’ di Marina”. Da non confondere con lo yacht “Suegno”, che invece è di Piersilvio detto Dudi. Segue cena in uno “storico ristorante”, allietato dalle note di “Carlo, detto il Chitarrino”: un Apicella locale. “Alla famiglia Berlusconi si aggregano il giornalista Guido Bagatta e la compagna”, per elevare ulteriormente il livello della conversazione. “Moscardini fritti e spiedini alla griglia, un tocco d’insalata russa”, e poi “branzino bollito” in onore di Bondi. Infine “orata al forno con olive nere e sorbetto shakerato alle fragole”. Poi “via in discoteca per alcune ore”.

L’indomani, sempre pedinato dal solerte La Manna, il Cainano “riceve in giardino la visita di Marina e Piersilvio, che lasciano per un po’ i loro yacht attraccati in rada”. Si spera, non incustoditi. Sarà così, minaccia il cronista, per tutta l’estate “e poco importa se il settimanale ‘Chi’ riesce a immortalare i suoi momenti di svago e intimità”. Ecco: Lui, sempre così ritroso, non ama finire sui giornali, ma quei comunisti molesti di “Chi” lo immortalano lo stesso. E Lui, da vero liberale, continua a stipendiarli.

Torna in mente quel che scrisse Montanelli, sulla Voce, il 26 novembre ’94: “Dobbiamo prepararci a presentare le nostre scuse a Emilio Fede. L’abbiamo sempre dipinto come un leccapiedi, anzi come l’archetipo di questa giullaresca fauna, con l’aggravante del gaudio. Spesso i leccapiedi, dopo aver leccato, e quando il padrone non li vede, fanno la faccia schifata e diventano malmostosi. Fede, no. Assolta la bisogna, ne sorride e se ne estasia, da oco giulivo. Ma temo che di qui a un po’ dovremo ricrederci sul suo conto, rimpiangere i suoi interventi e additarli a modello di obiettività e di moderazione… Oggi, per instaurare un regime, non c’è più bisogno di una marcia su Roma né di un incendio del Reichstag, né di un golpe sul palazzo d’Inverno. Bastano i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa: e fra di essi, sovrana e irresistibile, la televisione. (…) Il risultato è scontato: il sudario di conformismo e di menzogne che, senza bisogno di ricorso a leggi speciali, calerà su questo Paese riducendolo sempre più a una telenovela di borgatari e avviandolo a un risveglio in cui siamo ben contenti di sapere che non faremo in tempo a trovarci coinvolti”.

Senato, proposte indecenti

Scrive Mario Giordano oggi sul Giornale :

Oggi a noi piacerebbe un sacco parlare di sicurezza, di casa, di benzina, di rifiuti, persino di Alitalia (in effetti: che fine ha fatto Alitalia?).

Oggi a noi piacerebbe parlare di imprese senza burocrazia, lotta ai fannulloni, misure formato famiglia, economia da liberalizzare.

E ci pesa un po’ trovarci qui, malinconicamente immersi nel déjà vu, a discutere invece di giudici e politica, toghe di sinistra, nodi e lodi più o meno Schifani, Anm sulle barricate.

Paradossalmente le stesse identiche parole potrebbero stare in testa ad un articolo dell’Unità sullo stesso tema.

Il problema a questo punto è capire chi sia in difetto:

Gli italiani che in grande maggioranza vorrebbero che il governo si occupasse di cose serie e urgenti?

Berlusconi che, anche a rischio di interrompere il dialogo con l’opposizione, continua a mettere in cima alla lista dei problemi da affrontare i suoi processi e le sue tv?

L’opposizione che, pur desiderosa di confrontarsi con il governo sui problemi veri del paese, non ha ancora abbastanza stomaco per digerire l’indecenza delle proposte del premier in tema di giustizia?

Una cosa è certa.

Siccome siamo in democrazia, non mi sembra il caso di prendersela con gli elettori ( soprattutto quando. eccezionalemte, sia a destra che a sinistra la pensano allo stesso modo).

Restano come indiziati Berlusconi e l’opposizione.

Siccome Berlusconi è stato eletto dal popolo, dirà qualcuno, la colpa è dell’opposizione. Che palle questi moralisti di sinistra, che cosa gli costa, in fondo? Lascino perdere questa battaglia così distante dalle necessità dei cittadini e la diano vinta al Premier.

Accettino nuove regole del gioco: chi è eletto dal popolo può:

1) proporre un decreto al Presidente della Repubblica sul tema della sicurezza;

2) infarcirlo di disposizioni nuove che di fatto dissestano completamente l’amministrazione della Giustizia

3) scrivere al Presidente del Senato una lettera in cui con inedita arroganza cerca di far risalire la ratio di queste disposizioni alle esigenze della collettività e non ai propri interessi personali ( mai excusatio non petita fu più sospetta di questa!).

Leggendo quello che scrive Giordano, non sono possibili dubbi: la colpa è dell’opposizione, che, poco realisticamente, e con ostinazione degna di miglior causa, non si rassegna ad accettare un fatto a tutti noto.

Il fatto che siamo ormai, dal punto di vista politico, diventati un paese del terzo mondo ( con tutto il rispetto per il terzo mondo).

I guadagni di Travaglio, la discesa in campo di Silvio, il ritorno all’ovile di Gianfranco

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Ultimamente uno degli sport più diffusi tra i politici e i giornalisti di destra è diventato quello di puntare il dito contro i guadagni di Marco Travaglio ( o, recentemente, anche di Gianantonio Stella): scrivono quello che scrivono perchè hanno scoperto un nuovo filone d’oro..

Più documentano le malefatte dei politici e dei potenti più si arricchiscono, sostengono i loro detrattori.

I due giornalisti sono talmente documentati che argomentare contro di loro opponendo dei fatti è molto difficile: più semplice attribuire loro un interesse personale

Devo dire che sentire questi discorsi mi fa sentire meglio.

Considero il massimo dell’offesa pensare che uno scrittore e un giornalista o un politico si esprimano in un certo modo, non per esercitare la loro libertà di pensiero, ma per interesse economico.
Attenzione però, perchè questo modo di ragionare o si applica a tutti o a nessuno.

Applichiamola a tutti.

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Berlusconi, allora, diventa non il nuovo Aldo Moro,come oggi farnetica qualcuno, ma semplicemente colui che è sceso in campo per salvare se stesso dalla galera e le sue aziende dal fallimento ( una volta lo ha pure confessato, ma adesso lo nega disperatamente: colui al quale lo ha confessato. Enzo Biagi, è morto)

Mario Giordano, Filippo Facci,Rossella, Belpietro, Emilio Fede, Mimum, Veltri, Farina e molti altri ( alcuni di questi guadagnano più di Travaglio) sono scribacchini scodinzolanti che non esprimono il loro pensiero, ma quello del padrone che li paga.

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Ok, affare fatto?

Mi sento meglio.

Prima mi sentivo un po’ in colpa a pensarla così. Adesso che so che anche il “loro” modo di pensare è questo ( attribuire un interesse economico a chiunque esprima un pensiero) so di essere capito se non condiviso anche da “loro” quando giudico applicando questa regola i “loro” maestri di pensiero e di giornalismo.

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Un pensiero a parte per Gianfranco Fini.

Colui che disse: sarei una pecora se tornassi con Berlusconi

Bene. Questa pecora è rientrata all’ovile per un ripensamento doloroso e tormentato o per semplice convenienza?

Per convenienza, è ovvio, la regola semplice e rozza del tornaconto personale si applica anche a lui…

Che gioia potersi abbandonare a questa semplice regola!

Senza eccezioni, mi raccomando!

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Neanche per Gino Strada: anche lui chissà quanto si arricchisce, facendosi il culo in giro per il mondo

La sinistra dei mausolei e la pancia degli elettori

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Ancora una volta Silvio ci ha stupito: non solo ha vinto, ma è più forte di sempre.

Ma qual’è il segreto del suo successo ?

Silvio piace perchè è un buon comunicatore, pieno di difetti tipicamente italiani, con il quale quindi è facile identificarsi.

Silvio ha vinto perchè sa intercettare come pochi i desideri e le paure di una grossa fetta di popolazione.

Esattamente il contrario di quelli che sono finiti fuori del parlamento, come Bertinotti, Diliberto, Pecoraro Scanio, Giordano, Migliore, Russo Spena.

Di mestiere questi signori, diventati fantasmi della politica, facevano gli alfieri del popolo.

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Per mestiere questi signori erano quelli che il popolo avrebbero dovuto capirlo meglio di chiunque altro.

Adesso parlano di ritornare ai cancelli delle fabbriche.

Sarebbe ora che lo facessero sul serio, lasciando finalmente da parte i salotti, dove hanno brillato, i Mausolei di Lenin, dove hanno sostato commossi dicendo sciocchezze sulle salme, i subcomandanti che hanno ammirato.

Ma se devono tornare in fabbrica è bene che lo facciano con umiltà, disponibili a farsi spiegare quali sono i veri problemi: se vanno lì con la pretesa spocchiosa di spiegare alla gente come va il mondo, se vanno lì con pose leaderistiche invece che con la volontà di mettersi a disposizione dei bisogni veri della popolazione, tanto vale che se ne restino nei salotti.

Il tema chiave di questa campagna elettorale era l’immigrazione.

Parliamoci chiaro: sulla casa, sui salari, sul precariato, sulla rivalutazione delle pensioni chi non è in sintonia con il Paese?

Nessuno. Trovatene uno che dica che non sono problemi di prima grandezza. Magari le ricette sono diverse, ma tutti i partiti avevano in agenda questi temi.

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Ma sull’immigrazione e sulla sicurezza i signori dei salotti e dei Mausolei hanno taciuto, pensavano di poter imporre a chi vive nelle periferie degradate di questo paese la regola aurea e astratta della Solidarietà.

Che, intendiamoci, è un valore da tutelare e preservare, ma che non può essere l’unica risposta in un momento come questo.

Eppure le colpe di Berlusconi su questo tema sono evidenti e andavano indicate con chiarezza agli italiani.

Perchè gli immigrati onesti, se possono, scelgono di andare in altri paesi europei per andare a lavorare, mentre quelli disonesti non schiodano di qui ?

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Soprattutto grazie a Berlusconi , che ha accorciato i tempi di prescrizione dei reati, ma non ha dato risorse alla magistratura per consentirle di accorciare i tempi di realizzazione dei processi, questo paese è diventato il Bengodi della delinquenza., il tempio dell’Immunità.

Ma i signori dei salotti e dei mausolei su questo tema hanno preferito glissare, dimostrando di non aver capito niente della pancia dell’ elettorato.

Quella pancia che invece Silvio conosce così bene…fino al punto di sapersi fare paladino della soluzione di un problema che ha contribuito a creare.