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La forza della Rete

In che modo sta cambiando il modo di costruire l’informazione?

Una volta l’informazione era il prodotto di un solo artefice. Il giornalista andava a cercare la notizia, la riportava su un giornale e quel giornale diventava il mezzo di divulgazione di quella informazione.

Niente filtrava di quella notizia, se non in ambiti estremamente circoscritti prima dell’intervento del giornalista, che era di fatto “scopritore” e “diffusore” dell’evento che solo grazie a lui e al suo intervento diventava di dominio pubblico.

La televisione non aveva cambiato questo aspetto della catena di distribuzione delle news.

Il “demiurgo”, lo scopritore di notizie era sempre il giornalista:  semplicemente il mezzo televisivo era enormemente più potente e pervasivo di quello cartaceo e aveva a sua disposizione la forza delle immagini filmate.

Oggi è evidente che la catena di produzione delle informazioni è radicalmente cambiata rispetto all’epoca, ancora a noi così vicina nel tempo, del giornalista “demiurgo”.

Ce lo dice con grande incisività e chiarezza l’ultimo libro di Michele Mezza “Sono le news, bellezza! Vincitori e vinti nella guerra della velocità digitale” ( Donzelli editore)

Siamo all’inizio di un processo di liberalizzazione dell’individuo– ci dice l’autore, eminente giornalista e docente di Scienza della comunicazione all’università di Perugia e di Roma- di ogni individuo, che ci porterà a riconfigurare ruoli e figure sociali . A cominciare dagli intellettuali, che non a caso, sono i più scettici”.

La rete, lo puntualizza già Derrick De Kerckhove nella prefazione, è diventata in brevissimo tempo il luogo in cui si costruisce grandissima parte dell’informazione.

La fabbrica e non solo la piattaforma di distribuzione.

Ci sono stati anni, lo ricordiamo tutti, in cui Internet sembrava un’opportunità per pochi, uno strumento per professionisti, per iniziati.

Ve la ricordate l’epoca della cosidetta bolla specutiva legata alla new economy? Stiamo parlando di appena una decina di anni fa….

Era l’epoca in cui bastava avere la notizia che un’azienda aveva creato un suo sito, magari anche un semplicissimo  accesso informatico, per vederne schizzare alle stelle il titolo.

Poi quella bolla si e’ sgonfiata anche perchè ci si e’ resi conto che quel modo di lavorare non solo era “necessario” per tutti gli addetti ai lavori, ma era anche semplice e alla portata di tutti.

Chi di noi in quegli anni, sentendo un amico o un vicino vantarsi di avere un blog, non pensavamo a lui come ad uno “smanettone”, ad una persona cioè dotata di grandissime tecnicalità lontanissime dalla nostra portata?

Salvo poi scoprire, una volta entrati in punta di piedi in quel mondo, che aprire un blog è cosa semplicissima e alla portata di tutti.

Piano piano quei siti e quei blog,  nati come sede di distribuzione e di commento delle notizie acquisite dal giornalista demiurgo sono diventati, però, fabbrica di notizie a loro volta.

Insomma la rete in brevissimo tempo da vetrina di esposizione delle news e’ diventata fabbrica, il luogo in cui quelle news vengono “prodotte”.

E il grande comunicatore di massa, il giornalista della carta stampata e della tv, che conserva- chissà ancora per quanto- il privilegio di disporre dei mezzi più potenti- da scopritore della notizia è diventato prevalentemente “selezionatore” delle notizie “scoperte” o lanciate da altri.

E’ il tramonto del giornalismo?

No, è semplicemente una mutazione genetica.

Un cambio di passo necessario per chi fa questo mestiere.

Maneggiare le teconologie informatiche diventa una necessità, lo strumento principe,  non più una semplice  opzione.

Quello che una volta si definiva il fiuto giornalistico, cioè la capacita’ di scoprire la notizia, adesso è diventata la capacità di pescare nel mare magnum della rete, con il compito non facile di distinguere, nel mare magnum della rete, le notizie vere dalle bufale.

Senza dimenticare che anche una bufala, quando sono in molti a crederci perchè ben costruita  e ben distribuita attraverso la rete, può diventare una notizia….

Chiudo citando un passo di un’intervista fatta da Grazia Gaspari a Michele Mezza per il giornale on line AGORAVOX:

Michele, un’idea di fondo gira, appunto, per questo libro: la rete non è una vetrina, ma una fabbrica, e chi non lo capisce la subisce e non la sfrutta nelle sue vere potenzialità. Cosa comporta praticamente?

In politica, ad esempio, molto. Proprio in questi giorni abbiamo sotto i nostri occhi una straordinaria storia della rete: la rivoluzione egiziana. Al Cairo, come a Tunisi, si è visto che la rete non è solo un megafono, ma è opratutto un soggetto sociale, un luogo che forma identità e bisogni. In piazza e’ scesa la “gioventù connessa” egiziana che rivendicava spazi alle proprie ambizioni.

La stessa cosa vale per la grande manifestazione della donne di domenica scorsa “Se non ora quando?”, una manifestazione sostanzialmente preparata e sbocciata in rete. Nessun giornale o tv ne aveva parlato, nessuna agenzia di stampa. Eppure un milione di persone sono scese in piazza in tutta Italia. Non solo, decine e decine di manifestazioni si sono svolte in tutto il mondo… Tokio compresa.

FILIPPO CUSUMANO

Gli applausi e gli sputi: le due vite di Enzo Tortora

Sperling & Kupfer, 2008

Biografia singolare quella scritta da Vittorio Pezzuto su Enzo Tortora.

Singolare perchè è stata singolare , senza che lui lo volesse o prevedesse in alcun modo, la vita di Enzo Tortora.

Giovane di bell’aspetto, colto, dotato di un eloquio brillante e sciolto, a poco più di trent’anni Enzo Tortora è un divo della televisione.

I guadagni non sono certo quelli di adesso, ma l’attenzione nei confronti di chi lavora in tv, in quegli anni è enorme. Tutti guardano una sola tv e di quella tv un solo canale.

Sono gli anni di Mike Bongiorno, Angelo Lombardi, padre Mariano, del maestro Alberto Manzi ( quello di “Non è mai troppo tardi”) e , appunto, di Enzo Tortora.

Il quale non solo si impadronisce in fretta del linguaggio televisivo, ma ne diventa, rapidamente e genialmente, il principale innovatore ed eversore.

Trova un nuovo modo di affrontare e raccontare lo sport conducendo per anni una “Domenica Sportiva”, che abbandona con lui la veste di arido e frenetico bollettino di dati, classifiche e risultati per diventare un divertito e garbato caleidoscopio che mescola attualità, spettacolo, immagini degli avvenimenti e dichiarazioni in diretta dei protagonisti.

Ma non è un uomo accomodante, Enzo Tortora.

Quando è all’apice del successo, gli capita di definire la Rai “un baraccone”.

In poche ore ” viene fatto fuori” e si ritrova, a quarant’anni, a reinventarsi come giornalista.

Cosa che fa con grandissimo divertimento, accettando di fare il praticante alla Nazione, di cui diventa successivamente una delle firme di punta.

Affronterà, tra gli altri, il tema della carcerazione per traffico di droga a Walter Chiari e a Lelio Luttazzi, unendosi al coro di quanti in quei giorni affrontano la vicenda con tono pregiudizialmente colpevolista.

“Al centro della vicenda Chiari- Luttazzi c’era un enorme quantitativo di cocaina. Noi ci auguriamo che i due ne escano puliti, di vero cuore. Ma, se per fare pulizia occorresse spazzare loro ed altri prestigiosi nomi, coraggio, subito”

Qualche tempo dopo, quando Luttazzi viene completamente scagionato ( restando a carico di Walter Chiari solo l’accusa di consumo personale di sostanze stupefacenti) Tortora si imbatte nel libro Operazione Montecristo, cronaca dei 27 giorni trascorsi ingiustamente in carcere dal musicista presentatore.

Di getto, scrive un articolo che pretende sia intitolato “Devo molte scuse a Lelio Luttazzi” che si chiude con queste parole:

Ora Luttazzi è uscito e nella scomoda cella del rimorso c’è entrato chi scrive: fin dalla prima pagina del suo libro.”

Ritornato in Rai dopo alcuni anni, Tortora lancia Portobello, il suo programma più geniale, che avrà punte d’ascolto incredibili perfino per l’epoca del monopolio ( medie di 23 milioni di ascoltatori per ogni puntata) e che sarà la fonte di moltissimi altri programmi televisivi delle epoche seguenti fino ad arrivare ad oggi.

Tortora diventa l’uomo più ricercato della tv.

E’ antipatico a molti intellettuali, che mettono continuamente in risalto il contrasto tra la cultura e la raffinatezza dell’uomo e la natura nazionalpopolare dei suoi programmi. Milioni di italiani seguono la trasmissione, i critici televisivi e i guru dell’intellighenzia la bollano come la tv delle lacrime e dei buoni sentimenti.

Il presentatore tira dritto per la sua strada, non ha dubbi: “Non aspiro all’aristocrazia dell’ascolto, ma alla gente semplice, a quella che incontri tutti i giorni sul tram quando vai al lavoro”.

Ed è proprio quella gente semplice, incantata dal suo linguaggio levigato e dalle sue maniere garbate, che un giorno di 25 anni fa subisce il più incredibile degli shock quando vede irrompere nei teleschermi il suo presentatore preferito ammanettato come un delinquente e con gli occhi persi nel vuoto.

E’ accaduto l’incredibile: Tortora è accusato di essere uno dei personaggi cardine della Nuova Camorra Organizzata.

Una serie di pentiti, che via via cresce nel tempo, lo accusa di essere uno dei principali collaboratori di Cutolo.

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