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Dicevano di lavorare per la sicurezza. Balle spaziali! Ecco come con la nuova legge sulle intercettazioni, si favoriscono i delinquenti!

intercettazioni

Forse ai più non è chiaro che cosa comporta la nuova legge sulle intercettazioni sulla quale sta marciando, compattato forzosamente dal voto di fiducia e incurante delle vere priorità del paese, il governo Berlusconi.

E’ meglio fare un esempio.

Si sa che in molti casi si arriva a capo di un omicidio intercettando un certo numero di persone sospettabili del reato.

E si sa anche che non sempre gli intercettati sono colpevoli.

Qualche tempo fa ho letto un’intervista ad un magistrato che faceva riferimento ad un caso concreto accaduto realmente.

In un piccolo centro abitato sparisce un bambino. Le condizioni della famiglia non sono floride, è da escludersi un rapimento a scopo di estorsione.

Dopo qualche giorno il corpo del bambino viene ritrovato, con evidenti i segni della violenza che ha subito.

Si pensa ovviamente ad un pedofilo. Nella piccola comunità in cui è sparito il bambino ci sono quattro o cinque personaggi in passato condannati per reati di questo tipo.

Il magistrato ordina di sottoporre tutti i sospettabili ad intercettazione.

Nel giro di pochi giorni il colpevole si tradisce e viene assicurato alla giustizia.

Con la nuova legge NON sarà più possibile farlo.

Perchè? Perchè possono subire una intercettazione solo le persone nei cui confronti esistono evidenti indizi di colpevolezza.

Ma se è l’intercettazione l’unico modo per acquisire indizi o prove di colpevolezza e prima di essa non esistono che vaghi sospetti, cosa si fa?

Semplice. Ci si rassegna a lasciare in libertà il colpevole.

O no?

Qualcuno dei sostenitori di questo Governo è in grado di contestare o smentire quello che ho scritto?

Oppure di sostenere che il diritto alla privacy è più importante del diritto alla sicurezza? ( peccato che la sicurezza fosse al primo posto…prima delle elezioni)

Se mille euro vi sembran tanti..

1000euroE’ uscita la classifica delle retribuzioni nei Paesi dell’Ocse ( Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).

Su 30 paesi siamo al 23° posto ( vedi classifica in fondo all’articolo, i salari sono in dollari).

In moltissimi ormai appartengono alla cosidetta generazione dei mille euro ( e sto parlando dei meno sfortunati)

Non è piacevole stare in zona retrocessione in questa classifica. Stare dietro Germania, Francia e Gran Bretagna non ci stupisce, ma chi si aspettava che potessimo essere distanziati in questo modo da  paesi che solo un paio di lustri fa stavano alle nostre spalle? Dietro a Irlanda, Grecia, Spagna, Finlandia e Islanda?

E’ deprimente constatarlo e ancora di più dirlo ad alta voce, ma il nostro è un paese che è fermo da un pezzo.

Nè possiamo prendercela con la recessione, perchè la crisi devasta con la stessa intensità tutti i paesi dell’Ocse.

Perchè siamo rimasti indietro?
Un sistema scolastico e universitario poco competitivo, un cronico ritardo nelle infrastrutture, una pubblica amministrazione inefficiente, una giustizia lenta, un mercato del lavoro nel quale si rafforzano di giorno in giorno le distanze tra protetti e non protetti, un sistema finanziario abituato ad andare incontro alle grandi aziende e a penalizzare i privati e le piccole imprese.

tasseA questo si aggiunge il problema della tassazione. Il cuneo fiscale è ormai pari al 46,5 %. Il che vuol dire che ogni 100 euro che un’impresa versa al lavoratore ben 46,5 vanno allo stato .

Il che non sarebbe di per sè un’anomalia o una tragedia, perchè anche in Francia e in Germania il cuneo fiscale ha incidenze di questo tipo.

Ma si abbatte su stipendi lordi molto più alti.

Il vero nodo è l’evasione fiscale.

In Italia 2 lavoratori su 10 non pagano alcuna tassa.

Il che determina due conseguenze.

La prima è che gli otto che pagano le tasse non possono sperare di vedersele ridotte finchè non pagheranno anche i due evasori.miseria-e-nobilta

La seconda è che in un mercato di questo tipo opera una concorrenza sleale, che costringe le imprese in regola a tenere bassi i salari per sopravvivere.

L’avvio di una seria politica di lotta all’evasione fiscale è sempre stato boicottato dalla maggioranza che sta al governo.

Peccato che a votarla non siano soltanto gli evasori fiscali….

Classifica Ocse

1)  Korea 39.931   2)  UK 38.147 3)  Switzerland 36.063   4) Luxembourg 36.035  5 ) Japan 34.445
6) Norway 33.413    7) Australia 31.726  8)  Ireland1 31.337   9) Netherlands 30.796 10)  Usa 30.774
11)  Germany 29.570 12 )Austria 28.996 13)  Sweden 27.581 14)  Canada 26.994  15 )Greece 26.512
16) Belgium 26.311 17) France 26.010  18) Finland 25.911  19 ) Iceland 25.134  20)  Spain 24.632
21) Denmark 24.531   22) New Zealand 23.650
23 Italy 21.374
24) Portugal 19.15   25) Czech Rep 14.540   26) Turkey 13.849     27)Poland 13.010
28)  Slovak Rep 11.716  29)  Hungary 10.332    30) Mexico 9.716

Testo più esteso in VINCENZO.CUSUMANO.COM

‘Raccomandata’ da Berlusconi, Elena Russo spopola su YouTube


Unità.it

Paparazzato nel 2005 insieme a cinque aspiranti starlette nel giardino della sua villa in Sardegna, pubblicamente redarguito dalla moglie per i troppi complimenti pubblici sulle altre, beccato mentre scrive bigliettini alle parlamentari più giovani e carine, intercettato mentre cerca di piazzare in Rai soubrette che gli possono tornare utili perfino per cambiare la maggioranza in Senato.

Che Berlusconi fosse un inguaribile piacione, lo sapevamo bene.

Addirittura il Tribunale dei ministri è arrivato ad indagare sull’ipotesi di abuso di potere nei confronti di un agente del Sisde, Federico Armati, che ha denunciato il Cavaliere per mobbing: è l’ex marito di Virginia Sanjust di Teulada, annunciatrice Rai con cui il premier ha intrecciato, dice il Tribunale, una «stretta relazione».

Stavolta, il baricentro delle affinità elettive del premier si sposta più a Sud.

Siamo a Napoli, ma per raccontare questa storia usiamo le parole di uno spot, quello che da tre giorni è al centro di polemiche e che finalmente siamo riusciti a vedere.

«Napoli aveva un problema, non stiamo a riparlarne, sappiamo quale.Il governo è intervenuto.E quando il governo, lo Stato, fa qualcosa è come se lo facessero tutti gli italiani.Ma ora ci vuole l’impegno di tutti, chi ci vive e chi ci viene. Facciamo in modo che resti così, è più bella».

Poi sullo schermo appare lei, Elena Russo, a dire «grazie».

Bene, Napoli aveva un problema: un’attrice, Elena Russo, nel ’93 si trasferisce a Roma «perché – spiega – a Napoli, nel mio settore non era possibile lavorare». Diverse pellicole, ma il successo tarda ad arrivare.

Ma Elena Russo lo sa che «scambi umani e professionali – come scrive nel suo sito ufficiale – concorrono a formare un bagaglio».

Per questo, scambia e riscambia, arriva a conoscere il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.

In una delle celeberrime intercettazioni con Saccà, è lo stesso premier a chiedergli di trovarle un posto in qualche fiction della Rai. L’ex direttore Fiction della tv pubblica non ce l’ha fatta, a rimediarle una parte.

È allora che il governo è intervenuto: quale migliore occasione di uno spot istituzionale sui rifiuti a Napoli? Ed ecco che a rappresentare l’immagine di Napoli pulita viene chiamata proprio lei, Elena Russo.

Il suo video ora spopola su YouTube. Per placare gli animi, è intervenuto con una lettera il presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, Alberto Contri che ha spiegato come sono andate le cose:

La persona a cui è stato affidato il casting per lo spot ha individuato tre attrici egualmente adatte per la parte della napoletana verace, pur nella differenza d’età (Ranieri, Autieri, Russo).Per motivi vari la Ranieri e la Autieri non sono state disponibili, per cui la scelta definitiva è stata per la Russo, che ha svolto ottimamente il ruolo richiesto. Certo che ci siamo posti il problema dei possibili gossip – ammette – ma abbiamo ritenuto avrebbe fatto aggio su tutto la qualità del progetto creativo.

Contri, prima che presidente di Pubblicità Progresso, è stato consigliere Rai nell’era Zaccaria. Quota Polo delle Libertà.

elena-russo

La politica dei palliativi

altappone2Per due anni, mentre era al Governo Prodi e lui stava all’opposizione, Berlusconi ha orchestrato un martellamento mediatico di prima grandezza per dare un’immagine del paese apocalittica.

Nei tg “amici” i servizi sui nuovi poveri, su quelli che non ce la fanno già alla terza o alla quarta settimana si sprecavano.

Eppure è sotto gli occhi di tutti che le cose andavano molto meglio di adesso. Adesso che siamo in piena crisi e gli imprenditori licenziano o addirittura chiudono,  dovrebbe valere invece la regola dell’ottimismo.

Silvio vuole farci credere che la crisi è un fatto illusorio, una suggestione, una profezia di quelle che a forza di essere evocate finiscono per avverarsi.

Non c’è niente di più pericoloso, invece, di questo ottimismo.

La crisi è seria e si muove come una valanga. E’ perciò importante che chi governa si muova in fretta e con la massima incisività e determinazione. La politica che vediamo attuarsi è invece quella dei palliativi e dei placebo. Si annunciano iniziative a forte impatto mediatico ( tipo la social card o tessera dei poveri), ma inadeguate rispetto al rilancio dei consumi.

Il fatto è che Berlusconi in una situazione come questa dovrebbe spogliarsi del suo ruolo di capopartito e diventare uno statista, cioè colui che tutela l’intera collettività e non solo i propri interessi e quelli dei propri elettori.

Lo ha già fatto eliminando l’ici per le case di pregio ( provvedimento forse giusto in astratto, ma realizzato nel momento meno opportuno) lo sta facendo adesso rifiutandosi di prendere in considerazione la possibilità di tassare le rendite finanziarie come fanno nel resto d’Europa ( cioè al 20% invece che al 12,5%).

EVITANDO l’errore dell’ICI e accogliendo la soluzione europea sulle rendite finaziarie, avrebbe oggi qualche miliardo di euro in più per affrontare una crisi, dalla quale non si esce propagandando ottimismo, ma pompando un po’ di soldi in più nelle tasche dei ceti deboli.

Ceti deboli che adesso cominciano a far paura per due motivi: il primo è che si “rifiutano” di consumare, il secondo è che prima o poi si incazzano.

Governa ipocrita sul caso Englaro, lo sostiene perfino Filippo Facci sul Giornale

Alcune considerazioni sul caso Englaro:

Ieri la Corte Costituzionale ha dichirato inammissibile il ricorso di Camera e Senato: i due rami del Parlamento sostenevano che la magistratura ordinaria non può pronunciarsi sulla vicenda perchè  il potere legislativo non l’ha regolamentata.

Va detto che questo ricorso, lo sapevano bene coloro che lo hanno presentato, era già perso in partenza.

Il fatto che non esista una legge ordinaria sul testamento biologico (non viene autorizzato, ma nemmeno espressamente vietato)  secondo alcuni lascia aperta la strada dell’ articolo 32 della Costituzione.
Che dice l’articolo 32?
Sancisce il diritto a rifiutare qualsiasi trattamento terapeutico. Se il vuoto legislativo c’e’, comunque, occorre dire che esso riguarda le modalita’ per rendere piu’ semplice ed efficace l’esercizio di un diritto individuale. Ma dire che questo diritto non è esercitabile per il semplice motivo che non esiste una legge ordianria che ne “organizzi ” le modalità di attuazione è come sostenere che senza una legge ordinaria del Parlamento, la inviolabilita’ del domicilio (art. 14) o la liberta’ religiosa (art. 19) non possano essere considerati diritti applicabili.

Perchè  il centro destra ha presentato il ricorso se era  quasi certo della sconfitta?

La questione e’ semplice ed il calcolo politico abbastanza banale. Quando il Governo Prodi ha proposto leggi o provvedimenti su questioni ‘sensibili’ come i Pacs, le quantita’ massime di possesso di cannabis, sulle linee guida della legge 40, etc., la maggioranza si e’ sempre spaccata (o perlomeno, si sono distinti i cosiddetti teodem, Binetti & Co.). E proprio in quella spaccatura si sono sempre efficacemente inserite l’allora opposizione e le gerarchie vaticane.
Perche’ correre oggi un rischio del genere? Meglio sventolare la bandierina sul caso Englaro. E’ vero, la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso come era arciprevedibile. Ma il popolo delle liberta’, incolpando di nuovo i giudici per la sconfitta, potra’ vantarsi di aver condotto fino alla fine una battaglia per l’affermazione dei cosiddetti ‘valori cristiani’.

Insomma, sollevare il conflitto di attribuzione e’ stata un’operazione politica a costo zero e guadagno assicurato.
E un formidabile atto di ipocrisia.
Ce lo dice perfino Filippo Facci sul Giornale di stamattina:
Lo so che il Giornale sul caso Englaro ha la sua linea: ma chiedo di poter dire ugualmente quanto abbia trovato sconcertanti un paio di uscite purtroppo governative.
Eugenia Roccella, dopo la pronuncia della Consulta, ha detto che il problema «è l’espansione dei giudici e la loro invadenza di campo» perché «in Italia le leggi le fa il Parlamento e i giudici dovrebbero applicarle».
Gaetano Quagliariello nondimeno ha definito «pilatesca» la decisione della Consulta e ha detto che «legiferare diventa ancora più urgente».
Cioè: ma di che state parlando? Siete voi che la legge non l’avete mai fatta, siete voi che non volevate assolutamente farla, siete voi che sino a mezz’ora fa non volevate neppure sentir parlare di testamento biologico e urlavate «eutanasia» a ogni tentativo di farlo. È l’ipocrisia della politica italiana, unica in Europa, che ha lasciato dolosamente scoperti gli spazi di cui la magistratura non ha potuto non occuparsi: e ora venite a dirci che ci vuole una legge? Dopo che per anni ve l’hanno chiesta la società civile, i medici, tutti i livelli della magistratura, il Consiglio superiore di sanità, persino qualche politico? Dopo che la società e i medici, aspettando voi, per anni, se la sono cavata segretamente da soli con tutte le Englaro e i Welby lontani dai riflettori? E sarebbe la Consulta a essere pilatesca?
Non dite che ci vuole una legge: fatela.

Epifani aveva firmato ( le menzogne e le trappole del governo)

Segnalo questo articolo di Conchita de Gregorio, che chiarisce la posizione di Epifani al di là delle costruzioni strumentali che ha voluto darne il governo nella sua ansia, in caso di fallimento della trattativa Alitalia, di avere a portata di mano un capro espiatorio da offrire all’opinione pubblica.
Ovviamente in questa vicenda nessuno è esente da colpe.

Epifani, ad esempio, dovrebbe fare un po’ di autocritica sulla vicenda Air France: doveva fidarsi di chi gli diceva che quell’offerta era buona, tenuto conto delle circostanze e delle condizioni offerte.
Probabilmete Air France sarebbe andata via comunque per via dell’annunciato ostracismo di Berlusconi, ormai prossimo premier, ma un fatto è certo: la rigidità delle parti sindacali ha offerto ai francesi un prestesto formidabile per alzarsi dal tavolo.
Detto questo, devo dire che trovo convincente la posizione di Epifani e corrette le sue proccupazioni per le menzogne e le trappole che si stanno scatenando intorno a questa delicatissima partita.
Waterloo. Caporetto.Titoli senza troppa fantasia, certo: giusto per capirsi. Il sindacato – la Cgil, tra i sindacati – è arrivato alla fine.

Due volte il disastro Alitalia collassa a un passo dalla meta, due volte il dito è puntato contro il sindacato. Sono stati loro, è colpa loro.
Un sentimento diffuso, un senso di estraneità alle storiche forme della battaglia sindacale che contagia ormai anche il cinema, nel cinema i registi di sinistra: nel documentario sulla Thyssen di Calopresti i sindacalisti inzuppano la brioche nel caffellatte mentre la Lega fa reclutamento nelle fabbriche, nel film di Virzì sui call center al difensore dei diritti dei precari attaccano i bigliettini di scherno sulla schiena.

Battaglie di retroguardia, conservatorismo miope.

È notte, ormai. È la notte fra giovedì e venerdì, Cai ha ritirato l’offerta. Guglielmo Epifani arrotola al gomito le maniche della camicia, la cravatta è allentata.
Tiene in mano la lettera datata “Roma, 18 settembre” e indirizzata a Colaninno. Comincia così: «Signor presidente, come d’intesa le confermo la nostra adesione e la nostra firma all’accordo quadro…». Finisce con una firma, appunto: la sua firma.
Epifani aveva firmato, Colaninno sapeva dal giorno prima che lo avrebbe fatto: «Come d’intesa», se lo erano detti.
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«Bisogna stare molto attenti – dice adesso che è davvero tardi con la voce arrochita dalla giornata campale – bisogna davvero evitare di cadere nella trappola di questo governo: è chiaro che a loro faccia comodo dire che siamo stati noi ma non è così. Ecco la lettera, i fatti sono questi. Noi non abbiamo difeso i piloti: abbiamo provato a convincerli.

I due terzi del personale di volo non è rappresentato dalla Cgil. Non si poteva arrivare ad un accordo senza di loro. Lei può fare il giornale senza i giornalisti? Ecco, è così. Poi io credo che le ragioni che hanno portato al fallimento dell’intesa siano più ampie di quel che appare: sulla decisione simultanea e unanime dei componenti della cordata devono aver pesato molti elementi, diverso tipo di pressioni a partire dal quadro catastrofico internazionale per finire a motivi di equilibrio politico. Sia come sia: dev’essere chiaro che i piloti hanno sei o sette rappresentanze diverse, sono una somma di corporazioni. C’è stato un tentativo di mettere all’angolo la Cgil che è passato da lì. La Fiat dell’80 non c’entra niente, semmai qui è il contrario».

Sia come sia, Epifani, lei è ritratto oggi come l’esecutore testamentario di un sindacato in agonia: un fatto culturale prima che tecnico. La Cgil frena, ferma, blocca e oltretutto non rappresenta più i giovani, i lavoratori precari che temono di associarsi perché ricattati dalla “flessibilità”: il sindacato così com’è non è più di questo tempo.

«È certamente questo il messaggio che si vuole far passare. Questo governo cerca il nostro discredito e non c’è dubbio che lo faccia in un clima generale in cui si prova a fare a meno del sindacato. Però vede: è proprio a questo tentativo che dobbiamo fare argine e dobbiamo farlo partendo dai fatti. La Lega nelle fabbriche, lei dice: benissimo. Però nelle fabbriche votano Lega ma sono iscritti alla Fiom. Non posso dire tutti ma molti, moltissimi. Allora è un altro il problema: è la cerniera fra il sindacato e la politica, fra il sindacato e il partito che si è indebolita. I nostri tassi d’iscrizione sono sempre altissimi, molto più alti che altrove in Europa. Non c’è più un prototipo di lavoratore, la realtà è variegata. Certo: un tempo si arrivava al sindacato attraverso la politica. Certo, le generazioni più giovani sono sottoposte al ricatto del datore di lavoro in nome della flessibilità ed hanno paura di aderire al sindacato. I precari non si iscrivono, è vero: sono spaventati.
La campagna ostile al sindacalismo è stata potentissima: è la politica che deve battersi contro questo tentativo di ostracismo».
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E non lo fa, sottintende Epifani: non lo fa abbastanza. La “cerniera” fra sindacato e partiti di sinistra: quella si è sciupata.
«Sono convinto che su Alitalia alla fine Berlusconi ricorrerà all’ennesimo colpo di teatro. È una gestione del paese fatta di continui colpi di scena. Non è così che si tutelano i diritti, non così si conserva la democrazia. Noi abbiamo agito come sempre con senso di responsabilità e mi creda, questa volta in specie con una disponibilità estrema. Prima di suonare il de profundis del sindacato bisognerebbe guardarsi attorno: abbiamo affrontato la questione di cinquemila esuberi in Telecom, sei o settemila saranno quelli di Alitalia, quattromila quelli di Merloni. Quando si parla di quindicimila lavoratori bisogna contare da uno a quindicimila e soffermarsi a pensare che ogni numero è una persona. Ci vogliono ore a contare: uno sono io, uno è lei, provi a immaginare. Altro che Caporetto. Siamo nel pieno della guerra e dobbiamo crederci, dobbiamo restare fermi qui non arretrare di un passo davanti all’offensiva populista. Dobbiamo vincere».
Concita De Gregorio ( L’Unità)

Abdul, ucciso per un biscotto o per il colore della pelle?

Era italiano, ma non era bianco.
Se invece di chiamarsi Abdul si fosse chiamato Marco, forse, le sprangate non sarebbero arrivate.
Ma il diciannovenne ucciso nell’alba più grigia di Milano era originario del Burkina Faso, aveva la pelle color ebano e gli occhi grandi.
Due italiani hanno aggredito lui e i suoi amici, John e Samir. Nemmeno John e Samir erano bianchi.
Li hanno assaliti accusandoli di aver rubato dei biscotti. Dall’accusa alla lite. Dalla lite alla rissa. Dalla rissa all’omicidio. John e Samir hanno corso più veloce di Adbul.
Colpito a sprangate dal più giovane degli aggressori, Abdul, quel “ladro, negro di merda”, è morto, dopo essere stato portato all’ospedale. Dopo sette ore e mezza di agonia.
Una lite banale sfociata in tragedia?

Forse.
Il Sindaco di Milano Letizia Moratti ha voluto sottolineare come  “questo genere di comportamenti e atti di tale crudeltà non appartengano ai milanesi e alla nostra comunità, per storia e
vocazione aperta invece alla tolleranza, alla accoglienza e alla convivenza civile”.
Sta di fatto che nella tollerante e accogliente Milano, come in tante altre tolleranti e accoglienti città italiane, gli episodi di violenza a sfondo razziale stanno diventando così frequenti da rendere impossibile classificarli semplicemente come storie di ordinaria follia.
Giulia Cusumano

CONTINUA IN Articolo 21

Squillo e clienti sotto tiro, va meglio ai papponi ( i pasticci del Governo)

Il nuovo governo ama le soluzioni spettacolari, ma prive di effetti pratici, anzi dannose.

Guardiamo cosa sta pensando di fare per le prostitute.

Arresto per loro e per i clienti!

Benissimo !
, dirà qualcuno,Finalmente finirà il commercio di carne umana sotto gli occhi dei nostri bambini!

Ma siamo sicuri che sarà così?

La pena prevista è da 5 a 15 giorni . Tenuto conto del fatto che le pene fino a 3 anni sono sospese con la condizionale, è difficile che qualcuno finisca in galera.

In compenso, tenuto conto del fatto che le prostitute sono decine di migliaia e i clienti milioni,  ci saranno processi a non finire ( ma non si voleva snellire la giustizia?)

La novità riguarda squillo e clienti.

Ma non si volevano punire prima di tutto i papponi e gli sfruttatori?

Macchè, loro possono festeggiare: un disegno di legge licenziato in luglio  dal governo consiglio  vieterà le intercettazionin per i reati con pena inferiore ai dieci anni.

Inclusi sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.

Come in molte delle cose di questo governo, dietro l’annuncio il nulla.

Mangano, Falcone e gli adoratori di Silvio

Qualcuno in questi giorni ha fatto notare che Berlusconi dimostra cinismo ed impudenza nel momento in cui prende a modello Giovanni Falcone.

Questi commentatori- Travaglio in testa- evidenziano il fatto che solo pochi mesi fa Berlusconi esaltava Mangano come un eroe.

Ammirava e stimava Falcone – dicono- anche quando si teneva in casa Vittorio Mangano, poi fatto arrestare e condannare da Falcone a 11 anni per mafia e traffico di droga? Anche quando usava come stalliere il  reggente del mandamento di Porta Nuova che aveva preso parte alla decisione della Cupola di Cosa Nostra di uccidere Falcone e Borsellino?

Come si fa ad avere per eroi e modelli sia Falcone che Mangano?

Qui scattano i berluschini, strana setta, sempre più estesa, di ADORATORI DI SILVIO i quali  dicono:

” Volgari strumentalizzazioni. Silvio non sapeva nulla del ruolo di Mangano, che fu condannato successivamente. Non sapeva e non poteva sapere con chi aveva a che fare”

Al riguardo vorrei citare una cosa che quest’estate, ad una conferenza di presentazione di un suo libro,  ha detto Giuseppe Ayala, pubblico ministero a Palermo all’epoca di Falcone e Borsellino:


“Un mafioso non nasconde mai di essere tale ( tranne che, ovviamente, alle forze dell’ordine e alla magistratura). Un mafioso riesce a “lavorare” cioè a fare il suo mestiere di mafioso solo se tutti gli altri lo conoscono e lo rispettano come uomo d’onore. Non è un caso che gli uomini d’onore siano chiamati anche uomini di rispetto”.

Insomma, se dobbiamo credere a chi di mafia se ne intende,  Silvio, con buona pace dei suoi adoratori, e SAPEVA PERFETTAMENTE CON CHI AVEVA CHE FARE ( l’alternativa è che fosse o molto ingenuo oppure cieco e sordo).

Passato il lodo, gabbato lo santo? Speriamo di no..

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Il lodo Alfano è in dirittura d’arrivo.

Qualcuno sostiene che, nonostante le attenzioni e i rimaneggiamenti resti sempre, nella misura in cui è una legge ordinaria e non costituzionale, un provvedimento a rischio di eliminazione da parte della Consulta.

Io mi auguro invece che regga anche al vaglio della corte Costituzionale.

Perchè francamente non se ne può più.

Mi sono rassegnato ad avere un presidente del consiglio che non dà spiegazioni su una vicenda delicata come la vicenda Mills, limitando a definire le accuse a suo carico come fantasiose  ( ma mi chiedo io :quale magistrato avrebbe potuto fare a meno di intervenire? C’è un avvocato inglese che ammette sia in un verbale giudiziario sia per iscritto di avere ricevuto una grossa somma da un dirigente Fininvest per aver mentito a favore del premier in giudizio; il magistrato che si è trovata in mano questa storia che doveva fare? girarsi dall’altra parte?).

Ma non importa. Quando la casa brucia, anche battersi per un valore ( come quello dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge) può risultare ancronistico.

Adesso vorrei, come la gran parte degli italiani che Berlusconi governasse ,facendo le cose che ha promesso.

Anche perchè, purtroppo la sinistra mi sembra che non possa in questo momento aspirare a prendere le redini del paese, per come è conciata..

La posizione di Veltroni mi sembra la più condivisibile di tutte, peccato che le tendenze centrifughe del suo  partito, i conflitti interni, i giochi delle alleanze siano in questo momento zavorre pesantissime.
Però hanno evitato l’emendamento su Rete 4, messo a nudo il ricatto della blocca processi e stanno incalzando il governo sulla fiscalità e il carovita.
Mi auguro quindi, vista la somiglianza dei programmi durante la campagna elettorale. che il governo cerchi di realizzarli e l’opposizione cerchi di incalzarlo.

Come in un paese normale.

P.S. Dovessi spiegarmi con uno che non sa niente del nostro paese e che mi chieda perchè è così malgovernato risponderei che a destra c’è un uomo forte capace di aggregare le forze politiche del suo campo, che però spesso cede alla tentazione di asservirle ai suoi scopi personali, mentre a sinistra c’è uno sciame di correnti politiche che trovavano un momento di aggregazione nell’antiberlusconismo ed ora nemmeno più in quello.