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Proust, Gide, Gogol, James tutti segaioli.

Alina Reyes (dal sito www.alinareyes.com)
L’autrice del «Macellaio» racconta senza pudori i suoi incontri amorosi

Di Ranieri Polese ( corriere della sera del 23 gennaio 2007)
«Inginocchiata davanti al suo tesoro, sono una bimba davanti all’albero di Natale, dritto, splendente e così bello, con le sue palle piene di promesse. In cuor mio prego Babbo Natale, spero di essere stata tanto buona da meritare il mio regalo». Dopo quasi trenta libri pubblicati (il primo, Il macellaio del 1988, le regalò subito il successo in Francia e nel mondo), Alina Reyes non ha perso il gusto del sesso; sesso da vivere, sesso da fantasticare, sesso da scrivere.
Nei 69 capitoletti del suo ultimo lavoro Amori — Diario di Rrosa (dove rrosa con la doppia r è insieme il nome di chi scrive ed è il nome della cosa, di quella cosa lì), Alina racconta i suoi otto amori, otto incontri — potrebbero comunque essere molti di più, ma ognuno indica un momento della vita della narratrice e una qualche specialità sessuale — con uomini generalmente indefiniti, spesso vivi nella memoria solo per la loro partecipazione ai giochi di eros.

Pagine in cui tutto è detto, proprio tutto, anche se le cose dell’amore hanno nomi vegetali (rrosa, rosellina, stelo). Dire, fare, baciare, guardare, odorare, carezzare, toccare; e ancora, liquidi, fremiti, calori e brividi, odori e palpiti: sono i linguaggi del corpo che si ascolta e si osserva. C’è la volta in cui Rrosa e il suo amante si prendono sulle tegole inclinate di un tetto; quella in cui lui, un altro, si fa spalmare di crema chantilly o di marmellata; c’è quello che le chiede di poterla depilare, c’è il giovane che si eccita vedendo la biancheria sexy, e anche quello che siede davanti al computer mentre lei sta sotto il tavolo.

Di questi uomini sappiamo poco, il raffinato giovanotto cerebrale somiglia un po’ a Bob Dylan e un po’ ad Alain Delon; l’atleta biondo posa per un pittore famoso; il bel tenebroso suona in un gruppo rock e le manda lunghissime lettere tappezzate di disegni a inchiostro. Ma perché questi racconti, perché questo libro? La risposta si trova al capitolo 58: «Le anime meschine pensino pure con un ghigno che Rrosa scrive sulla sua rrosa per far soldi. Sì, certamente. Non potrebbe farlo, però, se non sentisse, regolarmente, il bisogno di godere scrivendo. Scrivere, anche quando non parla né di rrosa né di stelo, è la più grande e la più bella perversione erotica di Rrosa».

A chi pensa che il desiderio sia morto e che la scrittura erotica — nonostante gli elenchi un po’ pedanti di Catherine Millet — sia ormai in fase terminale (da tre anni, il premio spagnolo «La sonrisa vertical» non viene più assegnato) Alina Reyes ha degli insegnamenti da dare. Con quel suo gioco innocente e scostumato, lei che fin dagli esordi scelse di cambiarsi il nome prendendolo da un racconto di Cortàzar, ha idee chiare in proposito. Rinuncia al racconto di una storia (sa che possono annoiare), scrive cattivi pensieri perché quelli non stancano mai.

Al capitolo 32 si legge: «Scrivere questo diario mi mette voglia di masturbarmi. La mano che scrive è la stessa che masturba. Quando le donne sapranno masturbarsi quanto gli uomini, scriveranno libri altrettanto grandi».

Patrick Besson, scrittore francese carico di premi e di record di vendite, recensendo il libro, commenta divertito: «E certo Alina Reyes sa che i più grandi scrittori furono dei gran segaioli: Proust, Gide, Gogol, James…».