Abbiamo un Paese in cui molte cose non funzionano.
La giustizia? E’ giusto che chi ha ucciso i genitori per ereditare i loro beni torni in libertà?
E’ giusto che un uomo politico aspetti 14 anni per vedere riconosciuta la sua innocenza?
La scuola?
E’ giusto avere una università praticamente in ogni provincia italiana?
E’ giusto con questo grandissimo numero di università avere come prodotto finale un numero molto basso di laureati?
E’ giusto che gli organismi internazionali che valutano la qualità di questi atenei debbano arrivare al numero 190 prima di incontrarne uno italiano?
L’economia?
E’ giusto che i falsificatori di bilanci, i banchieri che hanno investito in maniera spoericolata, trascinadosi dietro i piccoli risparmiatori se la cavino sempre?
La burocrazia?
E’ giusto che continuino a sopravvivere migliaia di enti inutili? Che si continui a parlare di province inutili senza mettere mano al problema?
Questo solo per citare i problemi più urgenti e facilmente condivisibili da tutti coloro che abbiano semplicemte buon senso, buona fede e buona volontà.
Su queste partite le resistenze al cambiamento sono fortissime.
Negli anni delle vacche grasse, quando si pensava che lo sviluppo economico non avesse confini, c’è stata l’esplosione del numero degli atenei e del numero delle province, si è data la massima libertà, nel nome del dio mercato, ad ogni sorta di speculatori, e via dicendo.
Logico quindi che chi ha approfittato di questo lassismo, oggi sia disposto a tutto pur di non vedere smantellati i propri privilegi.
Ma contro queste resistenze una classe potica responsabile dovrebbe riuscire a dialogare, cercando, nell’interesse del paese di costruire un fronte comune.
La scelta di Berlusconi, di procedere da solo, radicalizzando il conflitto, è, invece, una scelta irresponsabile, in grado di portare il paese al caos e al disordine.
Si può governare un paese come il nostro, ormai in cancrena, pensando sia sufficiente avere alle spalle il consenso del 60% degli italiani?
E’ sufficiente per governare, d’accordo.
Ed è giusto che chi ha avuto i voti si assuma le sue responsabilità e decida quindi anche quando le sue proposte non sono condivise dall’opposizione.
Ma chiudere pregiudizialmente le porte al dialogo ha un senso?
O serve piuttosto a creare quel caos che fa comodo ai poteri forti e a tutti quelli che resistono al cambiamento?
I sostenitori di Berlusconi sostengono che è l’opposizione che rifiuta il dialogo, ma è una balla spaziale bella e buona.
Il dialogo sarebbe partito, con buona pace di Di Pietro, se solo Berlusconi non avesse preteso, sin dall’inizio del suo mandato, di imporre la tutela dei propri interessi giudiziari ( vedi Lodo Alfano) ed economici ( vedi i tentativi in corso per sottrarre Rete 4 al suo destino satellitare).
E’ evidente che queste mosse hanno alimentato le munizioni a disposizione dei cultori dell’oltranzismo, determinando la fine dei primi timidi tentativi di dialogo.
Sarò pessimista, ma sarà sempre così.
Difficile che il premier, entrato in politica per tutelare se stesso e i propri interessi, rinunci a questa possibilità.
Di tutto può essere accreditato tranne che di una visione diciamo così ascetica del potere.
Rischiamo quindi , finchè ci sarà lui, il perpetuarsi della cancrena oppure, se continuerà la pretesa di procedere senza confrontarsi con l’opposizione, l’inizio del caos.