Sistemo le foto fatte nel corso dei miei viaggi e mi capitano tra le mani quelle fatte a Valaparaiso qualche anno fa.
Città “accesa, spumeggiante, dissoluta” dal “luccichio magnetico”, diceva Neruda.
A me, molto più banalmente, Valparaiso è sembrata soprattutto la città delle scale.
Dritte, storte, larghe, strette, brevi e lunghissime, coprono la città come un manto di rughe sul corpo di una vecchia signora.
Assomiglia a certe nostre città del sud: vecchi palazzi del primo Novecento assediati da abitazioni più recenti e ordinarie, una quantità incredibile di negozietti di alimentari, di frutta e verdure, di ferramenta, di vestiti, che fronteggiano ostinatamente la concorrenza dei rutilanti supermercati della periferia.
Traffico spedito e caotico, giardinetti con le palme, in qualche angolo ricorda Trapani.
Indimenticabile, invece, e folgorante, la casa di Neruda, “la Sebastiana”.
Cinque piani, due stanze per piano.
In ogni stanza grandi finestre che guardano l’oceano: sembrano quadri dai colori teneri e violenti
.
Dappertutto , un po’ come nelle poesie di don Pablo,nelle quali affiorano continuamente immagini insolite e colorite, oggetti sorprendenti e bizzarri: vecchie polene, binocoli, antichi forzieri di legno, bussole, grandi conchiglie.
Ovunque si sente l’impronta di un poeta non abituato ad appaltare all’Ikea la definizione del proprio habitat.