Come decidiamo per chi votare?
Una volta ci basavamo soprattutto sulle sono le nostre convinzioni politiche.
Componente sempre più traballante in un’epoca in cui gli ex fautori dello statalismo hanno realizzato le privatizzazioni e i fautori del libero mercato, sia pure per argianare una crisi, tornano allo statalismo.
Adesso, sempre di più, visto il tramonto delle ideologie, ci basiamo sui fatti. Votiamo per chi ci dà la sensazione di ottenere buoni risultati nella gestione di questo disastrato paese.
Importantissimo quindi è il ruolo dell’informazione.
Ci sono informazioni false, purtroppo, alle quali, a forza di sentirle, ci attacchiamo come cozze allo scoglio.
Entrano nella nostra testa e non ne escono più.
C’è una frase che alcune leggende metropolitane attribuiscono a Berlusconi: Ripetete in continuazione una bugia, finirà per diventare una verità inaffondabile.
ESEMPIO NUMERO 1
Coloro che sostengono la riforma Gelmini se la prendono con un la assurda proliferazione ( di cui sono stati colpevoli i governi di ogni colore) delle sedi universitarie. Abbiamo una densità di sedi universitarie incredibile ( 115 università in un paese con poco più di cento province) ed una qualità degli studi lontanissima da quella di altri paesi ( la prima università italiana per qualità degli studi sta al 190 ° posto nelle graduatorie internazionali).
Queste argomentazioni fanno pensare, automaticamente, che il Decreto Gelmini, si faccia carico di questo problema. D’altronde sarebbe giusto: se ci sono meno risorse, conviene gestirle in maniera meno dispersiva, cercando di concentrarle sui pochi centri di eccellenza, per rafforzarli.
Peccato che nel decreto Gelmini non ci sia una riga su questi tagli. Nessuno pensa di smantellare una sola di queste sedi. Scelta troppo coraggiosa, come coraggiosissima sarebbe la scelta di tagliare il numero delle province. Così coraggiosa che nessuno la prende.
Eppure ci fanno credere che il decreto Gelmini sia una scelta di efficienza e di razionalizzazione.
ESEMPIO NUMERO 2:
Si ritorna , per motivi di cassa, al maestro unico. Ma si cerca di far credere che questa scelta migliorerà la qualità della scuola.
E per sostenere questo si afferma che la scuola elementare italiana da quando ha abbandonato la strada del maestro unico è precipitata nelle classifiche mondiali di cui prima occupava i primissimi posti.
Ma dove si trovano questa classifiche?
Attenzione, perchè, a forza di sentirla ripetere, a questa storia ci abbiamo creduto un po’ tutti, si è scolpita nelle nostre menti.
Invece è una balla.
La classifica dell’Ocse, che è l’unico organismo in grado di fare correttamente queste valutazioni, dice che la scuola elementare italiana è la prima in Europa e la quinta nel mondo.
E l’altra classifica?
Una spiritosa invenzione ( per dirla con Carlo Goldoni) del leghista Cota, il simpatico inventore delle classi separate per i figli di immigrati.