
Mario Calabresi, figlio del commissario Calabresi, ha scritto uno dei libri più toccanti e belli degli ultimi anni, “Spingendo la notte più in là”.

E’ dedicato ai familiari delle vittime del terrorismo
Riporto qui alcuni brani di questo libro. Riguardano la vedova dell’agente Dionisi, un poliziotto ucciso a 23 anni durante un tentativo di far evadere dei terroristi dal carcere delle Murate di Firenze.
Per questo delitto è stato condannato con l’accusa di concorso in omicidio Sergio D’Elia, sulla cui candidatura alla Camera ha posto il veto Veltroni in questi giorni.

Dice la vedova Dionisi a Mario Calabresi, a proposito della prima elezione di D’Elia:
“Ci sono cose intollerabili, che superano la soglia della sopportazione. Non discuto le leggi e la possibilità per i terroristi di rifarsi una vita, ma mi aspetterei da loro e dalle istituzioni almeno rispetto e buon gusto. Di più, dagli ex terroristi mi aspetterei il silenzio, la capacità di stare un po’ in disparte, almeno per non riaprire continuamente le ferite. Perchè la verità è che il “fine pena mai” lo hanno applicato a noi. Loro hanno la seconda opportunità di vita, mentre a noi, e a chi hanno ucciso, questa possibilità è stata completamente tolta. Ero una ragazza e la mia vita è stata rubata”
Dice più avanti, nello stesso capitolo del libro, la vedova Dionisi, a proposito del dibattito sollevato in parlamento dalla nomina di D’Elia a segretario d’Aula a Montecitorio:

“Il dibattito alla Camera è stato una cosa indecente: facevano tutti a gara a difendersi, difendevano D’Elia. difendevano se stessi, le loro scelte, i loro comportamenti. Da D’Elia mai una vaga ipotesi di rimorso nella sua difesa a Montecitorio, nemmeno una parola di ricordo per chi è stato ucciso. Dopo quella giornata sono rimasta sola., con la registrazione del dibattito e mi è venuto un grande sconforto”
Che dire di più?

Non posso che essere d’accordo con Veltroni: nessuno tocchi Caino, come diceva ieri Curzio Maltese su Repubblica, ma nessuno lo candidi al parlamento.