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La vita comincia a sessant’anni? ( due incredibili foto)

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La vita comincia a sessant’anni?

Per molti l’età della pensione è l’inizio del declino psicofisico.

Smettendo di lavorare, molti entrano in depressione e smettono di tenersi in esercizio.

Altri invece rinascono a nuova vita e riescono a fare le cose che non erano mai riusciti a fare quando erano incapsulati in un’organizzazione che sottraeva loro, in cambio di uno stipendio, tempo, energie e voglia di impegnarsi in proprio secondo attitudini, ambizioni e volontà.

Alcuni di questi , recuperando la libertà, si rivolgono ad attività di tipo intellettuale o artistico, altri praticano la beneficenza, altri ancora decidono di cercare in extremis la forma fisica che non hanno mai avuto, coltivando attività sportive e ginniche.

E’ il caso di questo floscio cinquasettenne (vedi  foto sopra) che nel giro di pochi anni, grazie al body building si è trasformato in un aitante e nerboruto settantenne ( vedi foto sotto).

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Insomma, VOLENDO, la vita può cominciare anche a sessant’anni.

VOLENDO…

Il paese dei soprassalti emotivi : caos rifiuti, morti sul lavoro, moratoria sull’aborto.

Cresce il disagio di vivere in questo paese.Alle inquietitudini di sempre sulle cose che non vanno, si aggiungono in questi giorni quelle legate a tre vicende, lontanissime tra loro, ma anche legate da un filo comune.

La prima è la polemica sulla moratoria dell’aborto.

Nasce come una crociata ideologica, ma Il problema della bassa natalità, che oggettivamente esiste, va affrontato non con i sermoni, ma in maniera concreta con interventi seri per sostenere le famiglie e superare il diffondersi del precariato.

Se il famoso giornalista che oggi s’indigna per l’aborto avesse condotto in passato battaglie di questo tipo ( ma sarebbe in tempo a farlo anche oggi!) , oggi risulterebbe più credibile.

La seconda questione è il caos rifiuti in Campania.

Anche qui molti di quelli che strepitano per le proteste legate a questo scempio sarebbero più credibili, se avessero agito per tempo, assumendosi le loro responsabilità e individuando delle soluzioni.

La terza è quella dei morti sul lavoro, esplosa con i fatti di Torino, ma mai affrontata con la dovuta serietà e il dovuto dispiegamento di forze delle autorità di controllo.

Eccolo il filo che lega le tre vicende: il nostro è un paese che ormai affronta le questioni serie solo per poco tempo e sempre sull’onda di soprassalti emotivi.

Finiti quelli, finito tutto.

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